FERMAGENESI è l’opera di Isabella Bignozzi edita della “Piccola Collezione di Prose Anterem” del 2025. Il titolo – una crasi tra “ferma” e “genesi” – suggerisce da subito una tensione fra immobilità e movimento (nascita/creazione). Il libro si presenta strutturalmente compatto, privo di narrazione lineare, ma attraversato da un principio di vibrazione costante: il linguaggio che si fa materia pulsante, respiro che genera il mondo. I temi trattati non seguono un preciso ordine narrativo, bensì un andamento spiraliforme, in cui taluni argomenti ritornano e si trasformano. Ogni paragrafo è un frammento che, in quell’esatto momento, rappresenta un unico corpo poetico. L’effetto è quello di una prosodia interiore, dove ritmo e respiro coincidono.

Il linguaggio utilizzato dalla Bignozzi si distingue per densità e rigore: la sintassi a volte è nominale, con verbi impliciti o sospesi e la punteggiatura tende a rarefarsi. La prosa poetica si avvicina così a una forma di pensiero puro, dove il senso nasce più dal suono e dalla visione che dalla concatenazione logica. C’è una sottile musicalità che si infiltra nei numerosi richiami simbolici. Le immagini predilette si situano fra il corporeo e l’immateriale: “le vene come vie di luce”, “il respiro che si curva dentro la forma”, “tingere di rosso il rosso aperto”. In esse la materia si spiritualizza, cedendo “struttura”, peso e temperatura allo spirito. La ferma-genesi diventa allora anche una poetica della coesistenza: nulla si crea senza immobilità, nulla si immobilizza senza desiderio di rinascita.
Fermagenesi è un’opera molto peculiare che si colloca nel solco di una poesia che riflette sull’atto stesso del nascere, sulla possibilità di dire sull’origine. La Bignozzi, rispetto ad altre importanti autrici, si distingue per l’impronta visionaria e luministica. La sua scrittura nasce da una disciplina dello sguardo, da un ascolto del silenzio che si trasforma in parola. Il tema dell’immobilità, tanto evidente nel titolo, si lega poi a una dimensione di contemplazione attiva: fermarsi non significa arrestarsi, ma cogliere il nucleo vitale dell’attimo. In questo senso, la poesia di Bignozzi può essere vissuta anche come un esercizio di attenzione, un rito di durata ma non certamente può essere una lettura leggere e superficiale.
Se guardiamo al percorso dell’autrice ci accorgiamo che già nelle opere precedenti – Le stelle sopra Rabbah (Transeuropa, 2021) e Memorie fluviali (MC edizioni, 2022) – esiste una vocazione alla costruzione di paesaggi interiori e di una lingua che fonde visione e pensiero. In Fermagenesi, questa ricerca sembra giunge ad una ulteriore maturità: l’autrice riduce la parola all’essenziale, fino a renderla strumento di rivelazione.
Nel contesto della poesia contemporanea italiana, il libro si distingue per la tensione verso una forma alta di pensiero poetico, dove l’autrice sceglie non l’io poetico ma una meditazione impersonale forse per imprimere maggior forza alla meditazione, alla luce, all’origine. Etica ed estetica, corpo e cosmo. Fermagenesi è un’opera di alta concentrazione, dall’importante “peso specifico” che chiede al lettore disponibilità alla lentezza e all’ascolto. All’interno si concentrano concetti volti alla nascita continua del mondo, alla capacità del linguaggio di trattenere “il momento” prima che questo si dissolva. In definitiva, un libro che interroga la soglia tra l’immobilità e il divenire, cercando di restituire alla poesia una delle sue tante funzioni originarie: custodire mistero.

Nota di lettura a cura di Antonio Corona.


Estratti da FERMAGENESI

Rossi erano i cuori, battenti, un attimo prima del
mondo. Un cratere di bontà, aperto verso l’oro
del suono. Biondo l’esistere come gettati in un
sogno di atmosfere, il celeste ancora accanto.
Piuma della diversità a fare storia, narrando il
movimento fermo.

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Cattedrali d’ossa bianchissime, quel che dorme
nella terra: ecco la trasparenza, mentre muto il
granello rigermoglia tra i rauchi ruderi, facendo
angeli di vento fino alle porte del precipizio, quel
culmine sommo dov’è la torre eterna, l’indimo-
strabile del cosmo che vibra.

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E allora si arriva. Che nei rossi cuori battenti,
dove il rosso aperto non si teme, c’è l’innato rac-
colto dell’attesa, orbita sospesa di chiarore
in una cripta caldissima che conosce. Vulnera-
bile come una fionda, questo battere implicito
all’indietro, e tingere di rosso il rosso aperto,
come un ardere bollente, nel separare i metalli,
leghe pesanti del pesante male: come una gravi-
tà incendiaria il fiore di ogni tenebra arde forte
nell’incavo del dolore, diamante del mondo, fino
a che balziamo in alto, tutti bianchi e vuoti di cri-
niera, nel galoppo della furia sovrana che vuole
spargere pace.


Isabella Bignozzi ha pubblicato: Le stelle sopra Rabbah (Transeuropa 2021, prefazione di Elio Grasso), Memorie fluviali (MC edizioni 2022, collana Gli insetti, a cura di Pasquale di Palmo), I bimbi nuotano forte (Arcipelago itaca 2024), Fermagenesi (Premio Montano 2024). In prosa ha pubblicato: Il segreto di Ippocrate (La Lepre Edizioni 2020), finalista al premio Como 2020 e Cantami o diva degli eroi le ombre (La Lepre 2023), romanzo poetico finalista al Premio Europa in versi, che ripercorre alcune vicende dell’Iliade omerica e del ciclo troiano con una prospettiva simile a quella di Simone Weil nell’Iliade poema della forza, (in: La Grecia e le intuizioni precristiane, traduzione di Margherita Pieracci Harwell e Cristina Campo, Borla editore, 1967). L’opera include il saggio Perché il forte uccide l’inerme? Simone Weil sulla guerra, già apparso in «Pangea». Suoi racconti, prose e contributi critici sono apparsi in varie riviste letterarie.

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