a cura di Rosanna Frattaruolo
da Le perle di Loch Ness Aldilà dall'aldiquà Questo corpo che odora male; già preso per metà nelle squame; io lo sogno precipitare. Lo vedo in tessuto da cerimonia, posarsi muto nell'amaca della mano e, apnea vaga, calarsi. ** Col mio sosia assieme, e del giorno vedendo il dietro, le reni, io, me stesso, nero per l'appunto, in abito cerimoniale, bicipite aperto, freno invano la corsa dell'altro che mi sfila, passando, 'anima dalla mano ** da L'amore ha la lingua rossa La prospettiva è inversa A casa, il desiderio dilagò: lì dentro la musica ebbe un tango diverso. Gli si aprì tutto il corpo nelle stanze come acqua corrente e la mente galleggiava sopra, un sacchetto gonfio: prendiamo le cose per quello che sono... Non capiva niente; allora corse in bagno com'avesse bevuto piombo. ** Con immisurabile pietà appoggiò una spalla al muro; arrancava in salita per un sentimento! Eccome. Ma in effetti non c'è più tempo per la scrittura, narrativa, misura acustico visiva della carne. L'uomo perde identità, senza moltiplicazione dei piani, bisogna starci dentro e insieme: i caroselli per esempio, li vedi? dice lo stuoino alla porta, l'aria persino gli morde la nuca. Ma lui niente... risente in corpo il fiato di lei, quella fuga e lui solo (Ballando le scarpe coi ferretti nelle stanze del Grande Credo).
Il 29 gennaio 2022 è morta Cristina Annino, una delle voci poetiche più intense degli ultimi decenni. Era nata ad Arezzo nel 1941 e dopo la laurea all’università di Firenze in lettere moderne, aveva frequentato l’ambiente intellettuale che si riuniva al caffè Paszkowski. Fu in stretto contatto con il Gruppo ‘70 e con i suoi fondatori, Luigi Miccini e Alberto Pignotti, ma sempre conservando la sua indipendenza. Tra i suoi estimatori Vittorio Sereni, Franco Fortini, Luigi Baldacci, Walter Siti e Guido Almansi.
[…] La sua poetica ruotava principalmente attorno al microcosmo della famiglia e delle amicizie, ma negli ultimi anni arrivò a toccare più tematiche, sempre con quell’ironia mordace che non abbandonò mai. Molti i suoi libri tra cui Gemello carnivoro (2002), Casa d’aquila (2008), Magnificat (2010), Anatomie in fuga (2016), Le perle di Loch Ness (2019) e l’ultimo, Avatar, edito da Avagliano (euro 12) e uscito postumo.
[…] riguardo all’intreccio tra i suoi versi e il suo lavoro pittorico disse: «anche la persona, nel momento in cui la guardi, è già un quadro; la vertiginosa o apparente immobilità dello spazio in cui essa si muove, lo vedo come un naturale quanto reale movimento di forme e colori».
In Avatar la voce di Annino si fa elettrica, a tratti ferocemente sarcastica, ma con l’intento di annullare ogni retorica e finzione, anche e forse prima di ogni altra quella del poeta con le sue maschere, rimanendo sì affilata e nello stesso tempo sempre dolorosamente umana: «Si guarda con ossessione, con / stato morale, fisico, di mente, con suo / padre, madre, gente della vita. Col / macello dell’ansia e gli eventi del viso,/ i suoi tic…» […]
IN TUTTO IL LAVORO POETICO di Cristina Annino si respira una libertà che ridà significato alla terra su cui viviamo. La superbia umana esce molto ridimensionata dal confronto, solo all’apparenza impari, con il mondo animale e vegetale e con lo smisurato azzurro che abbiamo sopra la testa. Sul sito ufficiale, http://www.anninocristina.it, si può leggere integralmente uno dei suoi cicli più intensi, Ottetto per madre, che comincia così: «Senza pace, con pena e senza girarmi / mai, pestando / mica pepe o caffè ma gardenie, io amo / la mamma e i topi; li metto insieme chissà / perché». Annino è presente in varie antologie tra cui ricordo Nuovi poeti italiani n. 3 (1984 Einaudi) e in Quadernario (2012 LietoColle). Molti i suoi testi tradotti […].
di Nadia Agustoni, Nel verso elettrico e umano di Cristina Annino, Il Manifesto 23 agosto 2022





