a cura di Rosanna Frattaruolo

(Finalista Premio Inedito Colline di Torino 2025)  

*
in un mondo depredato dei fatti [in cui] la lingua
dice un fragile biancore frammentato pallido allo stremo
le luci della tormenta [a volte] spari marginali
lontani chiamano città scalfite essenze innominate
forme immateriali [poche] le case che incontriamo
un mondo intero senza oggetti severo ci bracca [brandisce]
ciò che resta [ci insegue] un dire ignoto [la rinuncia]
ad un’appartenenza [una nuova] paura promette di dire
qualcosa o almeno di abdicare al senso [né ci lasciano]
[né ci riprendono] in questa muta sospensione
non sentiamo più i piedi [non sentiamo] più niente

*
[sotto] gli scarponi la neve è solo immagine
dissomigliante [nei solchi] dei carri il vuoto è voragine
nell’orizzonte teso per linee verticali raccogliamo
materiali per un progetto [per] un plausibile perdono
[per una fine] del mondo dei fatti o una tregua
in cui l’attesa è solo l’attimo in cui tutto dilegua

*
[intanto] gli spari tracciano diagonali sul bianco
[sparano] dai lati da dietro ci corrono addosso [non]
sentiamo le grida solo le traiettorie dell’inverno [sentiamo]
ghiacciare i piedi nell’aria di fine febbraio [il peso]
del trapasso [la patria] ai margini degli equinozi
ai vertici di pietre piantate [conficcate] nell’altrove
i nostri corpi a terra danno nuovi nomi alle poche
cose dinanzi [i crani] al suolo arenati in frantumi
lasciano sulle nevi cenere di ostinata memoria

*
[...] siamo sfiniti [infiniti] gli inverni negli androni
gli inferni [gli infermi] il pane raffermo la rassegna
di tutti gli anni prima di vivere nel paese di ghiaccio
rifratti su lastroni perdiamo a tratti il conto dei passi
non ci sarà che una parola a salvarci [davaj] [avanti]
secondo una linea [seguendo] la linea segnata su
mappe bianche madre d’inverno [la prima volta]
che hai detto in silenzio khleba pane nero neve valloni
[la prima vittima] del caldo estivo [grida] nelle RSA
il mare al mattino all’altezza di Vasto Sud
i documenti di tutta una vita le bollette le carte [tutte]
raccontano la leggerezza di una fine che accade

*
[raccontano] di fili di resistenza alla sabbia [la fine]
di una provenienza ormai dissolta in remote figure
[dappertutto] rumori sordi variegati barlumi incerti
sopra di noi pallide orifiamme i cieli [osserviamo]
tutto il fragore rombi profondi immagini effigi
lasciare le cose nell’indicibile volontà [dare] i nomi
dileguano nei suoni le lettere [immaginiamo] le strade
le autostrade che verranno la pace segreta degli
oleandri in fila sempre uguali attendono l’esito estivo
dei nostri propositi [cadiamo] per primi

Michele Trizio (Bari, 1979) insegna filosofia antica e medievale presso l’Università di Bari. Ha pubblicato Cenere del Risveglio (Marco Saya Editore, 2024). Suoi inediti sono apparsi sulla rivista “Avamposto” (n.1 e online), su “Atelier Poesia” (online), su “Minima” (2024/1) e su “Doppiozero”. Ha ricevuto la menzione di onore al concorso Bologna in Lettere (2024), categoria inediti. È risultato finalista al Premio InediTo-Colline di Torino 2025 con un estratto dalla raccolta inedita Davaj.

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