a cura di Rosanna Frattaruolo
Stefano Massari della poesia dice
è ormai praticamente impossibile capire e dire cos'è la poesia per me è tutto corpo strumento eredità destino
un insieme ossessivo e aggrovigliato di forze e di vuoti in permanente tensione un urto costante col mondo e tutte le sue forme
una ininterrotta imprecisa e ancora infuriata nonostante gli anni interrogazione un corpo a corpo con l'esistente con il visibile e l'invisibile
'unica convinzione che posso testimoniare è la fede assoluta nei processi di ascolto e contemplazione del tutto anch'essi sempre in evoluzione
io vivo così vivo con la poesia sto al mondo così in tutto quello che faccio per vivere per resistere e provare a prendermi cura di chi amo e di quella minuscola porzione di umana epoca che mi è toccata in sorte e di cui mi sento sempre responsabile
leggo e ascolto osservo studio tutto e tutti passato presente futuro cerco di partecipare a modo mio al flusso ininterrotto di tracce segni forme non vorrei mai smettere di restituire le complessità e le profondità di ogni cosa alta o bassa che sia la
poesia mi guida in questo processo sentimentale e intellettuale di comprensione azione e restituzione
non smetto mai di interrogare volti gesti storie destini di provare a dare presenza al senso in forme certamente fragili e transitorie ma indelebili nelle piccole mappe della mia vita
non smetto mai di trattare significati e certezze solo come transiti provvisori se non ostacoli più delle volte
sentimento suono ritmo parola forma pensiero mondo questo il mio processo
mi diverto anche . parecchio .
La sua poesia ci dice
(inediti 2022/2025)
l’uomo delle fortezze è vuoto
la donna delle vendette è vuota
la casa delle salvezze è vuota
i muscoli del dolore sono vuoti
succede un dio residuo detto oscuro proprio
che regna in pani uguali e predica ai sepolti ai tubi
ai cori ai grandi cani neri rimasti soli
chi spezza le gole
chi rovescia le vene
chi nega nella carne la rovina
la sua ruga la sua fossa
la sua sacra lacerazione
chi impugna carità
e le bambine sottilissime
tagliate e impazzite
nella bava del bestiame
ora le case sono piene di paura e succedono
le cose dell'urlo a catena comanda l’ira l’oscena
e un dolore muto ignaro nudo come un muro
una mano un perimetro un avviso scuro
chi migra qui in schiene
lamiere e cavi e la cura di sbranare
i cari e i loro infami
chi parla con la mia infanzia
e ha le dita al buio e conta le colpe
in coro e le braccia che dai muri
esistono e prendono
chi fa la guerra leone la guerra magnete
la guerra di grano e invoca il talismano
del padre tutto di ferro e leale
chi porta la pena unigenita
nata da polso stirpe
e macello
succedono le cose della fede e piovono
i corpi dei figli pronunciati invano e piangono
gli ottusi mano nella mano gli ignudi e i mutilati
che saccheggiano amuleti il sacro cuore
cavo
chi crolla ad artiglio sulle case
sui ponti sui nomi sui fiumi
devoti chiusi ad anello
chi danza e accerchia e prega
e consegna i corpi intatti e puliti
alla mattanza
chi chiede perdono agli assassini
chi prepara i legni degli appesi
sgorgano i pieni di spie e sputano coi denti sermoni
magnetici e morali come maiali sulle croste
degli stupri e dei banchetti pieni di bianco
e benedetti
chi pronuncia i battesimi
chi taglia le unghie agli impazziti
chi lava i malati e i corridoi
chi parla mentre dormi
Dicono di lui e della sua poesia
Marco Ercolani per macchine del diluvio, art.blog.
[…] chi cade nella lettura del tuo libro non si trova a leggerlo parola per parola ma vaga dentro l’interminabile frammento del tuo corpo-mente che travasa linguaggi. Tu appari, con i tuoi versi, pronto a sostenere l’ennesimo combattimento contro le parole e i codici che non ti vorrebbero vivo. Chi ti legge ha subito la sensazione di trovarsi dentro un eccidio, e non sa come difendersi, dove fuggire, dove restare. Legge, ma non basta […]
Stefano Raimondi per parlo ultimo da “laRegione Quotidiano della Svizzera Italiana”.
Ci sono poeti che dopo averli letti li dimentichi, altri li ricordi e basta, ma solo alcuni ti fanno male, entrandoti nell’attenzione, stravolgendoti nell’ascolto, lasciandoti ben poco spazio di decisione perché la loro parola è così esatta che non puoi far altro che patirla. Ma quando una poesia è così prepotente, il male sopradetto non è “il male”, ma una colmità che ti raggiunge fino alla fine. […] È, ogni volta al corpo, che Massari chiede il permesso di essere parola, immagine e percezione. È sempre alla corporalità che la sua poesia si dispone per diventare scena e vicenda evocata. Nulla accade al di fuori del corpo che agisce e patisce una storia, un amore, una relazione e in questa partitura del vivere la poesia diventa segnavia di un intravedere ancora una soluzione di respiro […]
Isabella Bignozzi per parlo ultimo da www.asterorosso.com.
[…] Il parlare ultimo è il punto consacrato che si trova oltre la rappresentazione, l’ulteriore che declina il luogo estremo, il vero dire, dove sommo e infimo collimano in assolutezza. Parlare ultimo è sillabare, tra i silenzi ingoiati, il proprio intimo tremore di vivente. Al di là di consueto e opportuno, oltre la forma verbale consolidata e normalizzata, quella che depotenzia il rombo a retorica conforme. Nessun sistema risolto, nessuna proposta di visione integrata. Al portamento affermativo o didascalico, Massari oppone un verso scarno, precipite, una litania spezzata: in cui l’affanno dato da inattesi spazi tipografici e interpunzioni restituisce un disorientamento sofferto, pure armato d’inesorabilità.
Alberto Bertoni per parlo ultimo da www.lapoesiaelospirito.it
[…] ideatore di un’originalissima metrica verbale e lineare che porta il suo verso ad agire tanto nella verticalità (com’è consueto), quanto in un’orizzontalità che sfida continuamente la prosa, senza mai abbracciarla per davvero. Dati presupposti simili, sarebbe facile includerlo nella linea di sperimentazione formale della nostra poesia, una linea di rottura della linearità sintattica e tematica. Invece, Massari è anche il poeta vivente meglio predisposto ad essere davvero “per tutti”, in quanto estraneo a qualsivoglia modo di narcisismo autobiografico oltre che ad ogni principio astrattivo legato a una fede già incarnata: e già tali caratteristiche basterebbero a proiettarlo ben oltre il Novecento.
Ma ciò significa anche che meccanismi e temi profondi delle sue partiture poetiche non aderiscono affatto al polo anarcoide di rottura programmatica del senso che è tuttora vivo nella poesia occidentale né tantomeno si propongono di limitare sguardo e impegno al perimetro piuttosto estraneo alla realtà comunicativa di oggi e in fondo limitato agli altri, pletorici componenti della Società dei Poeti Viventi. No, i quattro libri pubblicati fin qua da Massari, nel ventennio compreso fra il 2003 del Diario del pane e il 2022 del più recente Macchine del diluvio, preferiscono venir riconosciuti come testimonianze di un’appartenenza assieme appassionata e critica al genere umano: un’appartenenza portata a superare ristrettezze psicologiche e solipsismi, mode e svolte solo in apparenza epocali, vezzi transeunti e prese di posizione pseudoinnovative. Questi quattro libri
parlano invece di Eros e di Thanatos, di figli e di padri, di destini individuali e di autobiologie della specie, di buio e di luce, di contemporaneità e di primordi, di inesausto afflato religioso e di passione della Parola quale principio genetico, oltre che di archetipi quali il pane, il sangue, la terra e di un inesausto “cercare da mangiare”.[…]
Stefano Massari e i suoi poeti
la mia formazione è stata selvatica non accademica da arrabbiato autodidatta
ho conservato un istinto e una libertà di esplorazione e contaminazione che è diventata irrinunciabile che è ormai praticamente metodo
i miei primissimi impulsi poetici sono arrivati da letture del vangelo del libro dell'apocalisse dai breviari di preghiere che trafugavo in oratorio da furtivi ascolti pomeridiani sempre in chiesa di signore anziane che recitavano il rosario
poi varie infatuazioni la prima per e.a.poe per i ritmi e i suoni acidi dei joy division poi scene e sonorità new wave post punk elettronici industrial primissimi anni 80 ero poco più che un bambino
mi piaceva molto anche il funky l'energia deviante dei led zeppelin e una certa epicità sinfonica della musica dei pink floyd soprattutto adoravo cercare strutture forme in procinto di compiersi o di svanire
sia che si trattasse di immagini di suoni o di parole ero continuamente in ricerca una vera ossessione
le prime vere e caotiche letture forti sono state kafka dylan thomas oscar wilde ghiannis ritsos garcia lorca trakl majakovskij mandelstamm t.s.eliot octavio paz rené char mallarmé aimé césaire (per il quale ho nutrito una vera e propria venerazione)
sono stati loro a innescarmi una prima frenetica ricerca della parola aumentata della parola ritmica e potente in grado di cambiare le cose dentro e fuori di me in grado dare un nome alle cose e di diventare mondo e magari spiegarmelo o cambiarlo
li sentivo risuonare complici affini a quell'istinto randagio a quel modo mio che stavo già desiderando intanto raccoglievo ritagli di immagini e scrivevo testi orribili per scombinate band di amici che suonavano cose cupe e rumorosissime terrificanti
quindi la lingua della traduzione poetica è stata la mia prima soglia tanto da indurmi a ritardare ostinatamente ogni approccio alla poesia degli italiani che mi pareva inesistente sfigata pomposa intollerabile e sempre fuori sincrono con quello che emotivamente e ritmicamente cercavo
poi complice la mia insegnante di lettere del tecnico industriale dove ero precipitato mi sono avvicinato alla poesia degli italiani devo proprio a lei (allieva del sapegno ripeteva ogni volta) alle sue letture sceniche in aula fuori programma drammaticamente ridicole ma incredibilmente coinvolte i primi approcci canonici con leopardi foscolo pascoli e
d'annunzio soprattutto d'annunzio dell'alcyone per il quale la sembrava nutrire una segreta torbida fascinazione
poteva essere un disastro ma qualcosa si era acceso abbastanza di spostare i miei radar ho cominciato cercando riviste non era facile ma con pazienza si riuscivano a trovare copie anche usate di alfabeta in forma di parole linea d'ombra e poche altre
l'arrivo di poesia di crocetti ha facilitato i contatti anche con molte altre realtà che avevano difficoltà di distribuzione e così via via tantissime altre riviste con le quali ho nutrito per anni e con grande soddisfazione i miei bisogni poetici di contaminazione e scoperta riviste alle quali peraltro non ho mai spedito un verso mio
è durante questo convulso movimento che ho incontrato i primi due libri italiani che mi hanno consegnato i codici di accesso per imparare a leggere la poesia italiana in ogni sua emanazione:
mottetti di eugenio montale nell'edizione de' il saggiatore del 1982
millimetri di milo de angelis nell'edizione einaudi del 1983
da lì tutta una lunga serie di primi incontri cruciali ed entusiasmanti dialoghi con leucò di cesare pavese l'aria della fine di antonio porta paesaggio con serpente di franco fortini diario ottuso di amelia rosselli e via così tra maggiori minori trascurati e dimenticati
fino ad allinearmi lentamente e silenziosamente ai poeti in attività a comprare i loro libri a seguire scene e vicende anche di giovani in procinto di esordire senza preclusioni e senza pregiudizi sempre affamato e con addosso quel maledetto rigore che tuttora mi assedia
ho pubblicato il mio primo libro di poesia nel 2003 a 34 anni dopo quasi 20 anni di militanze poetiche di svariate nature ho sempre pensato che la poesia è molto più importante leggerla che scriverla
o forse sono solo lento tutto qui
In dono a Stefano e ai lettori di Il Tasto Giallo, di Franco Fortini, Stammheim da Paesaggio con serpente, 1984
Essi hanno fatto quello che dovevano
secondo gli ordini della città non visibile.
Hanno studiato i libri antichi e i moderni.
L’acciaio dei padri recide i più piccoli nervi.
Sono stati uccisi.
Nessuno fu più obbediente di loro.
Essi hanno fatto quello che dovevano
secondo gli ordini della città visibile.
Hanno studiato i libri antichi e i moderni.
La chimica dei padri bagnava le chiome dei nervi.
Si sono uccisi.
Nessuno fu più obbediente di loro.
Noi abbiamo fatto quello che abbiamo dovuto
wo eine fremde Sprache herrscht
secondo gli ordini di due ordini secondo due leggi.
Stefano Massari poeta e videoartista, nato a Roma nel 1969, vive e lavora per ora a Bologna. Ha pubblicato in poesia: diario del pane (Raffaelli, Rimini 2003 – postfazione di Alberto Bertoni); libro dei vivi (Book editore, Castelmaggiore 2006 – postfazione di Alberto Bertoni); serie del ritorno (La vita felice, Milano 2009 – prefazione di Milo De Angelis); macchine del diluvio (MC Edizioni, Milano 2022 – presentazione di Pasquale Di Palmo); parlo ultimo (Industria&Letteratura 2024 – postfazione di Gian Mario Villalta). Suoi testi sono presenti su numerose riviste letterarie e antologie, in rete, in Italia e all’estero. Con Alberto Bertoni e Pier Damiano Ori ha pubblicato il saggio Stati di poesia contemporanea (l’Arcolaio Editrice 2017). Ha realizzato video su poeti contemporanei italiani e stranieri e suoi progetti di videopoesia e videoarte sono stati selezionati in vari festival italiani e internazionali. Tra il 2000 e il 2010 ha fondato e curato i progetti culturali: “FuoriCasa.Poesia”, “secolozero”, “land” e “carta|bianca”, progettando e curando blog, videomagazine, riviste e webzine, collane di poesia, organizzazioni di rassegne letterarie e mostre di arte contemporanea. Ha curato per oltre quindici anni i progetti video del Teatro delle ariette. Ha realizzato numerosi film documentari e molti altri progetti video tra teatro, poesia, arti visive, comunicazione istituzionale e promozione sociale. Dal 2022 cura con Carlotta Cicci il progetto per un format video dedicato alla poesia contemporanea zona|disforme.
foto copertina di Carlotta Cicci





