a cura di Rosanna Frattaruolo
da La poesia in prima persona.
Musa, madre, amore
Sono lingua
Sono tornata a fumarti nel freddo,
a dissolvere i tuoi presentimenti.
Non sono pace ma nemmeno guerra,
non sono male di benevolenza.
Sono lingua nel pieno della propria
forma sconsiderata. Sono taglio
senza linee ma d’oppio nella mano.
Sono una interruzione tenue, inverto
apostrofi e trasformo accenti in fuoco
dove fitto ribatte ancora il suono.
Sono fiori essiccati d’abbandono
tutto il nulla da cui potrai riprendere
il verecondo e spurio immortalare
e poi cantare per non pronunciare.
*
Dove si ferma la notte
Credimi adesso, credimi ancora,
non era l’altrove né il tarlo
all’ultimo sguardo che scese dal volto
penetrate le viscere del talamo,
ma dove si ferma la notte
si ricongiunse il tremore alle spalle.
Rimasi di sasso all’inverno:
la mia sete nell’utero di ghiaccio
così pronta a infrangersi
in libero volo dall’alto
come una stalattite
franta al tempo del marmo,
tomba del senso, progenie del grembo.
**
da Considerazioni a margine sull’uomo
Qui accade
Qui accade il tempo nelle sfumature
delle ombre incancrenite tra le forme
a me prossime, care, irrinunciabili.
Qui accade quel radioso compensarsi
di un niente che si cela alle mie spalle
e come allora qui ritrova il giorno
sopravvissuto a un’intera esistenza
la mia scrittura fitta del tuo «nostro».
*
L’uomo che ricordo
C’è una parte dell’uomo che ricordo
la carta da parati, il suo appartarsi
l’eloquio che divaga come gli occhi
alla ricerca di immagini o cose
nel soppesare i sensi e le parole.
E pare si accompagnino allo stesso
corpo che, con permesso, si fa strada
senza motivo e senza alcuna fretta
nell’attimo infinito in cui ricerco
una definizione che si sfuma
e che mi aspetta al varco dell’incontro.
Il mio orizzonte tocca il fondo e chiede
di abitare uno spazio in cui guardarlo
faccia male e mi viene da cantare
quando indosso un sorriso come il suo.
*
Le cose inesatte
Per le cose inesatte c’è un attrito
e l’uomo a cui ripenso le dispone
offrendosi all’autunno che si aggira.
La posizione presa lo avvicina,
quel non saper più stare dentro me
sostanzia la vanesia distopia
e poi c’è altro, una malinconia.
*
Lui
Forse lui solo per me è la poesia
ma la prosa riposta in uno spazio
è un impiego dal rigo rivoltato
e a volerlo presente qui nient’altro
occorrerebbe che una narrazione
di quotidiana e glabra frustrazione.
**
Secondo l’uomo la Poesia.
Amore aperto e aperta guerra
Prato
Dicesti figlio
per non dire amore
ed io ti nacqui senza infanzia
senza diletti
né spensieratezze
senza violenze né fecondazioni
ma non senza patemi in cui annaspare
senza cordoni da tagliare.
Tu sai, si viene al mondo
da recisi.
Siamo gambi feriti se si mutilano
petali da dover offrire
e amiamo
dell’appassire il dissipare stanco
una maternità dissolta in acqua
rotta da un tinnire tenue
vorticoso pallore di un bicchiere
per stare meglio
in un sollievo scialbo
anestetico caldo.
Sono cresciuto, addio...
Avrei voluto inconsapevolmente
rimanere, rinascere e accadere
ma invece sono
esilio sia d’amore sia di grembo
e come gambo privo di corolla
attendo un prato al vento che mi accolga.
*
L’uomo qui assente
Aspetta che qualcuno sappia cogliere
le nostre solitudini da farne
un fertile terreno per l’eterno,
aspetta che la semina si compia
ma del raccolto non avrai che gli occhi.
I germogli che sei, che non sarai
avranno preso piede in una fossa
perché sanno dover essere morti
per vivere davvero nella vita.
Un’altra solitudine che avanza
se ne appropria e racconta di se stessa
con dedizione ma a parole tue.
*
Qui
Qualcosa da lontano ha preso piede
sotto l’egida muta del mistero
dove la foglia morta nutre l’albero
e ricomincia qui dove ha lasciato.
*
Anche se onda tu non sei
Nel contraddirti non c’è più esercizio
di contrapposizione, ma si accettano
consigli su sconfitte ancora calde e,
come il sangue tenuto dal bendaggio,
dammi un abbraccio necessario e franto
inutilmente invaso da minuscoli
ricordi ancora in grado di alterare
le circostanze morte abbandonate.
Ma il silenzio è pura rappresaglia,
dalle interiora s’alza un suono bianco
o forse più un rumore in sottofondo
a cui mi riprometto di badare.
Non ho imparato a fare a modo tuo
su queste lastre marmoree che interpretano
l’eterno un divagare come il sale,
smarrendo il mare tra le nubi grigie
e quando piove sento come arrivi
anche se onda tu non sei oramai.
**
Oltre l’uomo.
Due ipotesi di prologo
L’uomo morto
Non abita più il dolore da tempo
sull’uomo morto in cameretta
senza espressione né parole e se
ascolta il cigolìo dell’anta aperta
non fa differenza
non lo divora alcun risentimento
qualsiasi cosa indossi fa lo stesso
non andrà a quella festa
fuori coi capitani di un’azienda
nessuna cortesia a una donna sola
confinata nell’angolo in disparte
tra gli schiamazzi vari al ristorante
il peso dei vestiti non lo smuove
figuriamoci l’amore
è un fatto strano sapersi morto
e nessun cordoglio.
*
Una piccola volpe
Una piccola volpe sta di strada,
il bosco è la sua casa, il fitto bosco
di cortecce e di resine sui pini
e molte cose intese nel divino
eppure ignote all’uomo di città
che alla natura serba un posto a parte.
Da qui dovrà seguirla perché il luogo
è tanto più lontano quanto amato
e delle foglie farfuglia laddove
si canta il lavorìo di Madre Terra
che ascolta e impasta neve al proprio tempo.
dalla prefazione al libro di Giuseppe Cerbino
[…] Ciò che Preziosi, in questo notevole lavoro, vuole indagare è la condizione umana che non si manifesta in situazioni particolari di indigenza, malattia, sopraffazione e via dicendo, ma si rende rarefatta, si fa “assente”, appunto esibendo sempre una fragilità nella sua più diffusa e anodina quotidianità priva di eroismi di qualche tipo. L’uomo è chiamato all’assenza di sé perché ’assenza è sempre più feconda e ricca di suggestioni; laddove qualcosa non c’è, si può sempre immaginare. E laddove qualcosa c’è, dobbiamo sempre montalianamente “riperderla” per comprenderla. È un po’ una situazione limite che però ben illustra lo status quo dell’umano fatto di tante contraddizioni che sono, nostro malgrado, la nostra verità. […]
Questa raccolta ha come intento lirico il tentativo di fare esperienza dell’uomo, in tutte le sue varianti, nelle sue vittorie come nelle sue sconfitte, nei suoi abbandoni come nei suoi ritorni: l’uomo è sempre tale sia quando si appassiona sia quando si disamora; è sempre in quel dolore sordo che non si placa, quel dolore per un paradiso mancato, per quel destino di nulla in cui siamo relegati e condannati; con estremo coraggio Preziosi perviene a una condizione dell’esistenza umana senza sconti e forme di redenzione, da laico quale egli è. Eppure c’è sempre una storia da interrogare in maniera incessante come quando in versi, che trovo splendidi, il poeta atripaldese scrive: C’è qualcosa di morto nel respiro / che insiste alla ricerca della vita, / questo incedere sempre a testa alta / nei ricorsi di questa storia effimera / perché qualcosa sfugge, non ne dubito, / qualcosa resta ancora da ascoltare / volubilmente inerme e senza strada. […]
Oltre l’uomo: sulle ipotesi di Prologo come lo intendo io… di Emanuela Sica.
[…] Proprio nella stasi e nell’immobilità, che il dolore e il rimpianto si dissolvono, appaiono in controluce, flebile, i temi esistenziali e di transizione tipici di Dickinson e Pavese. Il dolore non è più presente, ma rimane come un’assenza che rende il corpo una semplice “cameretta”, una sorta di vuoto in cui il passato non fa più eco. Il contrasto con la volpe che si muove con vigore e leggerezza accentua l’idea della vita che persiste al di là della morte, nella natura che non conosce la fine. La volpe è simbolo di una vitalità che non si arrende, nemmeno di fronte alla dissoluzione umana. Ed ancora l’idea della memoria che “dissolta” nel “freddo delle pareti” richiama il concetto di morte fisica e psicologica, con una disintegrazione dell’individuo nella solitudine dell’esistenza, che è di casa nella poesia di Thomas Hardy o nella riflessione del Nietzsche sul “superuomo”, dove la memoria umana diventa un peso e non una risorsa. In contrapposizione, la volpe è un’immagine dinamica che incarna il flusso della vita. […] La volpe che cerca “la sua casa” si rifà al concetto di appartenenza, sia fisica che esistenziale, che Walt Whitman esplora nelle sue poesie. Qui l’animale è parte della natura, del ciclo eterno, mentre l’uomo morto non trova più una casa né nel corpo né nell’anima. La sua traccia è solo un’ombra che sfuma nell’indifferenza del mondo. L’irreversibilità del divenire è un tema ricorrente anche nelle riflessioni di T. S. Eliot e Rainer Maria Rilke, dove la morte non è mai veramente fine, ma sempre un passaggio verso una forma differente di esistenza. […] Questa raccolta ha come intento lirico il tentativo di fare esperienza dell’uomo, in tutte le sue varianti, nelle sue vittorie come nelle sue sconfitte, nei suoi abbandoni come nei suoi ritorni: l’uomo è sempre tale sia quando si appassiona sia quando si disamora; è sempre in quel dolore sordo che non si placa, quel dolore per un paradiso mancato, per quel destino di nulla in cui siamo relegati e condannati; con estremo coraggio Preziosi perviene a una condizione dell’esistenza umana senza sconti e forme di redenzione, da laico quale egli è. Eppure c’è sempre una storia da interrogare in maniera incessante come quando in versi, che trovo splendidi, il poeta atripaldese scrive: C’è qualcosa di morto nel respiro / che insiste alla ricerca della vita, / questo incedere sempre a testa alta / nei ricorsi di questa storia effimera / perché qualcosa sfugge, non ne dubito, / qualcosa resta ancora da ascoltare / volubilmente inerme e senza strada.
Federico Preziosi. Nato ad Atripalda (AV) nel 1984, dal 2017 vive a Budapest, in Ungheria. Ha insegnato Lingua e cultura italiana a stranieri, ma dal 2022 lavora in una multinazionale nell’ambito delle Risorse umane. È fondatore del gruppo di poesia su Facebook Poienauti, moderatore di Poeti Italiani del ‘900 e contemporanei e portavoce della comunità poetica Versipelle. Scrive di poesia per exlibris20 e Readaction Magazine, e si occupa della divulgazione di opere poetiche nella trasmissione web “La parola da casa” condotta sulla pagina Facebook della comunità poetica Versipelle insieme a Giuseppe Cerbino. Autore di Variazione Madre, edito da Controluna – Lepisma floema, i suoi versi sono stati pubblicati su alcune antologie (tra cui Nel corpo della voce, a cura di Elena Deserventi, Controluna, Poesia a Napoli voll. 1, 2, 3, con prefazione di Antonio Pietropaoli, Guida Editori e Distanze obliterate, a cura di Alma Poesia, Puntoacapo Editrice), riviste e blog online e quotidiani locali e nazionali (tra cui La Repubblica e Poesia, di Luigia Sorrentino sul sito della Rai). Alcune delle sue poesie sono state tradotte in ungherese, polacco e catalano. Messa a dimora (Controluna – Lepisma floema) è la sua penultima pubblicazione.





