
LO SPETTRO DI CASA è una raccolta poetica di Maria Luisa Vezzali, edita da puntoacapo editrice (2025). Il libro è suddiviso in tre sezioni principali: “IL BUCO NEL TEMPO (ovvero lo spettro e la ragazza)”, “LA FINESTRA SUL CORTILE (ovvero la ragazza e la città)” e “NELL’ANNO ABBACINANTE (ovvero lo spettro ed io)”; segue postfazione a cura di Vincenzo Bagnoli. Queste parti rappresentano rispettivamente l’infanzia, l’adolescenza e la maturità della protagonista, offrendo uno sguardo profondo sulle trasformazioni interiori ed esteriori che accompagnano ogni fase dell’esistenza. Un’opera che sfida i confini tra autobiografia e narrazione collettiva, esplorando la casa come metafora esistenziale, luogo di appartenenza e di perdita, di radicamento e di dissoluzione. Una silloge temporale “di andata e ritorno” : un viaggio in tre tempi, tre atti di un teatro interiore dove il passato si sovrappone al presente come uno spettro che non smette di aggirarsi tra le stanze della memoria.
In esergo alla prima sezione – “It has a hole in it. Not only where I concentrate.” – poesia di Jorie Graham, una delle più influenti poetesse statunitensi contemporanee, nota per la sua riflessione profonda sul tempo, sul corpo e sulla percezione. Certamente non casuale questa scelta se si considera che la sezione s’intitola “Il buco nel tempo”, con allusione diretta alla stessa immagine del “hole”. La citazione della Graham ne rafforza e incornicia simbolicamente tutta la sezione, che tratta dell’infanzia e della percezione frammentata del tempo in quell’età. Un tempo possiamo dire “bucato” ovvero incompleto, interrotto, frammentato, spesso ricordato più per ciò che manca che per ciò che c’è. Nell’atto stesso del ricordare si generano falle, dove l’inconscio lavora generando una condizione traumatica, sia personale che generazionale. Ecco quindi che la poesia della Graham diventa specchio delle esperienze personali raccontate da Vezzali, che in questa sezione mette a nudo anche una forma di perdita primordiale. Infanzia e perdita dell’innocenza, ambientata negli anni Sessanta, che il postfattore, Vincenzo Bagnoli, descrive come radicata in un periodo di “salto antropologico” per la società italiana. “Uno sguardo all’angolo fuori / tra gli infissi della finestra” […] così recita la poesia “1” prima di un dipanarsi di osservazioni, di descrizioni: è la vista infatti uno degli elementi fondamentali della prima sezione dove l’attenta descrizione del luogo e delle cose che circondano l’io narrante, fanno immergere nell’atmosfera propriamente voluta dall’autrice.
Nella seconda sezione si affronta l’adolescenza durante gli anni di piombo e le rivolte giovanili. La poesia cambia: è sempre presente un’indicazione ben precisa del luogo (il piano, l’interno, il seminterrato o la via) e la parola si fa più intensa e diretta. Le immagini sono forti, rispecchiando la fragilità umana di fronte a eventi inaspettati e difficili da affrontare. “A 15 anni può credere / che il luogo in cui si sdraia / non sia un letto, ma un groviglio / di sillabe del suo nome scomposto” […] L’esergo di apertura questa volta – “the lamb in the courtyard with its necklace of rope” – è affidato alla poesia di Safia Elhillo, poetessa sudanese-americana nota per una scrittura potente, lirica e spesso incentrata su temi di identità diasporica, trauma e memoria postcoloniale. Un’immagine ambigua che suggerisce come anche ciò che appare innocente e tranquillo (un agnello, un cortile) può celare violenza, controllo o una minaccia latente. Il “collare di corda” può anche indicare che la libertà è solo apparente: ciò che è trattenuto, anche se con dolcezza, è comunque destinato a una perdita o a un atto di violenza. Così se Elhillo scriveva spesso di esilio, di cosa significhi crescere in un mondo dove si è contenuti da forze culturali e storiche, nei testi della Vezzali riecheggia la coscienza politica e il disagio urbano, in un’età dove niente può essere vissuto con distacco emotivo e leggerezza.
Giungiamo alla terza ed ultima sezione dedicata a “un anno” che in realtà è per l’autrice un periodo ben più lungo che prende inizio con la pandemia nel 2020 per terminare nel 2023 la malattia del marito e la morte del papà Vittorio. Le poesie raccontano la perdita, la solitudine, la sospensione del tempo, la rottura dei ritmi esistenziali. La scrittura, priva di punteggiatura, accentua la sensazione di ansia, angoscia e smarrimento. “persone scompaiono ogni giorno non parlo ora dei massacri la guerra dell’uomo che con pazienza selvaggia si alterna a quella della natura e si somma non parlo delle mogli figlie compagne innumerevoli e basterebbe questo rogo martello sfregio per smettere di parlare” […] Una sezione totalmente differente eppure connessa e inscindibile dalle precedenti se si considera il filo narrativo intrapreso dalla Vezzali. Come nelle precedenti troviamo un interessante citazione in esergo questa volta firmata da Mircea Cărtărescu, grande scrittore rumeno noto per le sue prose visionarie e spesso al confine tra sogno, memoria e apocalisse : “Non era un fuoco bianco divorante ma il fuoco di un mondo di fuoco e di calcinatura” . E’ interessante sottolineare come in quest’ultima parte del libro ritorni la parole “spettro” che aveva caratterizzato la prima. Un interessante collegamento quindi, in cui decade il suo significato inteso come presenza inquietante, ma come nuova entità che resta dopo il “fuoco”. Ovvero dopo quell’incendio che ha logorato e cronicizzato un mondo in una sorta di logoramento umano.
Un’opera che andrebbe letta e riletta perché oltre a raccontare un’esistenza ne attraversa le soglie emotive e storiche con una consapevolezza poetica. Maria Luisa Vezzali non offre quindi solo versi, ma realizza un archivio della trasformazione, personale e collettiva. Una poesia contemporanea che riesce a tenere insieme memoria e futuro, corporeità e riflessione, biografia e capacità del sentire.
Nota di lettura a cura di Antonio Corona.
Estratti da LO SPETTRO DI CASA
IL BUCO NEL TEMPO
3. I giorni si arrampicano sul tetto
tra le piume cadute e le foglie
si avvolgono in torno al camino
sbirciano dal pozzo strinato della cappa
i discorsi sfalsati che salgono
particole libere di cenere
Tutto quello che nasce – pensa –
perde calore
4. La camera da letto sfrigola
ha fiori rosa alla carta da parati
un poster di Jim Morrison giovane
appeso all’anta dell’armadio
La lampadina azzurra
ha la stessa trasparenza della pelle
L’immagine sembra liquida
nella cabina subacquea dei lenzuoli
7. Ha fiori rosa la carta da parati
ma nell’armadio tutti i vestiti sono neri
La notte scende con la sua gabbia
sospesa su smilze zampe di gallina
Sul davanzale sparge frammenti di falena
ossa scricchiolanti per aprire al buio
E’ mezzanotte – lei dice –
e la mia vita non comincia ancora
LA FINESTRA SUL CORTILE
Fronte, piano terzo, interno 8
A 15 anni può credere
che il luogo in cui si sdraia
non sia un letto, ma groviglio
di sillabe del suo nome scomposto
Il pavimento apre bocche atroci
Senza comprendere prova
a tradurre lo schisma delle giunture
(Sposerà quella contusione indelebile)
Sussulta al toccarsi sul ventre
minuscole punte braille
un tessuto tarmato
Chi la incrocia a volte per strada
riceve uno sguardo di sbieco
prima che apra il portone
Ci sarebbe anche un sorriso sotto
il talismano bluastro dello zigomo
Sinistra, seminterrato
E’ un geroglifico stinto
profilo chino sulla Singer
(Gli anni Ottanta la sostituiranno
con un ragazzo cinese)
si staglia in uno specchio all’insaputa
di notte incuneata nella terra
taciuta in fretta partita in fretta
con le mani che covano rocchetti
gira rigira il vento fuori
un accecamento visibile
nel fango dello sviluppo
il gomitolo non canta sta muto
per ricucire la conta dei modi
di vivere morendo in trasparenza
nell’assenza di odori, di rose, di soli
indubbiamente più intensi di qui
NELL’ ANNO ABBACINANTE
più facile accarezzare il dorso del masso sentire sul palmo
la pellicola fine del gesso restare da questa parte del bianco
nel confortevole trilocale nel cui è collassato
il mondo l’ammaestramento dell’ultimo minuto la differenza tra virus e batteri
si apprende che per trasferire materiale genetico
i batteri hanno elaborato tre meccanismi diversi chiamati
TRASFORMAZIONE ovvero passaggio di frammenti liberi dal gesto che dona
per risvegliarsi mutato in solitudine straniera originata dalla lisi
solita vicenda antica invisibile articolo di gemme aliene oppure CONIUGAZIONE
contatto fisico tra due corpi di cui uno fibrilla di stami
e possiede peduncoli costruiti a posta per fecondare
e l’altro attende paziente sulla zattera magnetica nel buio dell’unione
e infine TRASDUZIONE passaggio mediato da una terzietà segreta
cerca queste nozioni nel pugno della polvere nessuna
dottrina della purezza quale immunità cerchiamo
Dalla postfazione di Vincenzo Bagnoli.
Quello che avete appena letto non è una raccolta di poesie, ma un vero e proprio libro, costruito cioè secondo un complesso architettonico complesso, articolato in tre parti armonicamente e metricamente coerenti, sviluppato secondo linee stilistiche rigorose, funzionali al dipanarsi di un preciso racconto. Per descrivere quest’ultimo potrebbe bastare una sola frase: Growing up in Public, titolo di una canzone e di un album di Lou Reed che riassumeva anche un’intera sua poetica. Ma cosa ha a che fare mai la canzone “pop” con la poesia, che tanti ancora vorrebbero scrivere con la P maiuscola? Moltissimo. […]
Maria Luisa Vezzali è nata a Bologna (1964) e insegna Materie letterarie nella scuola superiore. In poesia ha pubblicato L’altra eternità (Edizioni del Laboratorio 1987), Eleusi marina (in “Terzo quaderno italiano” a cura di F. Buffoni, Guerini e Associati 1992), dieci nell’uno (Eidos 2004), lineamadre (Donzelli 2007, premio Anterem/ Montano), Forme implicite (Allemandi 2011), Tutto questo (puntoacapo 2018, premio don Luigi Di Liegro 2020). È giurata all’interno del premio di Bologna in Lettere. Come traduttrice, si è occupata di Adrienne Rich (Cartografie del silenzio, Crocetti 20202, e La guida nel labirinto, Crocetti 20212) e Lorand Gaspar (Conoscenza della luce, Donzelli 2006). Per Raffaelli ha curato nel 2011 un’edizione dell’Anabasi di Saint-John Perse. Fa parte dell’Associazione femminista Orlando e del collettivo di traduttrici WiT (Women in Translation), che ha prodotto Audre Lorde, D’amore e di lotta (Le Lettere, 2018).
www.marialuisavezzali.com





