LA STESSA PERSONA è la recente silloge di Antonio Fiori, edita (2024) da peQuod, nella collana Portosepolto a cura di Luca Pizzolitto. Il libro si compone di due sezioni principali – La stessa persona e Perdonati e salvi – con curioso “epitaffio in attesa di lapide” e una nota finale dell’autore. Da qui si apprende che le poesie contenute sono frutto di una delicata scelta tra autore ed editore, e che sono state scritte tra il 2018 e 2023 da colui che si è “spesso cercato nella poesia degli altri”. Una sincera e sagace confessione che, pur non facente parte di una prefazione, rappresenta in sintesi il profondo amore per la poesia di Antonio Fiori che in questo libro, come mai prima, si mette a nudo, dà parola alla sua anima e a tutto il suo percepito nella consapevolezza della propria maturità. Con stile ricercato ed efficace nella sua semplicità linguistica, arriva dritto al pensiero del lettore, scardinando ogni dubbio sull’importanza della singola parola in poesia e dei suoi intrinseci messaggi. Un libro appassionato e scorrevole, privo di incertezze e certamente ricco di spunti riflessivi.

Nella prima sessione – La stessa persona – Fiori ci introduce nel suo universo poetico attraverso l’amore e il rispetto che lui stesso prova per la poesia e per i suoi maestri. Incontriamo così i due omaggi a Caproni (I e II) e a Mario Baudino, alla poesia stessa con “onore al bianco del foglio / al silenzio che lo colma / a quest’orlo che taglia. / Onore alla parola da scrivere / al senso che nasconde / al suo apparire viva. ” Ma esiste anche “un professore del liceo / che mi ha insegnato tanto / e ancora incontro”. E così passando anche attraverso i “giovani docenti dell’università”, a “un amico come quelli d’un tempo” o ancora alla sua mamma che “a novant’anni / mi ha scritto in un foglietto / le date di nascita degli altri figli” […], Fiori si avvicina sempre più a se stesso, ai suoi affetti più intimi e alle riflessioni personali. Si interroga sull’amore per dirci che probabilmente è tutto un inganno, ma allora perché l’uomo patisce per un sentimento così casuale e inaffidabile? Ci parla di nomi di donna che affiorano alla memoria e di libri e lettere ricevuti: intravediamo l’uomo e poeta che lotta e vive tra la forza del ricordo e l’impotenza del futuro, il tormento del poeta che cerca risposte. E si interroga “Che colpa avrò mai addosso, mi chiedo dopo anni / – se il sogno si ripete non può essere un caso.”
Nella seconda sessione – Perdonati e salvi – la tematica religiosa e della morte si palesano in modo più concreto giungendo al lettore come importanti momenti d’intima riflessione. Così “non più consumatori / bensì definitivamente / consumati / liberi da ogni dipendenza / e da ogni ansia / uguali finalmente gli uni agli atri” diverremo cenere. Le domande esistenziali, le considerazioni sulla nostra epoca e sul proprio futuro sono il pensiero del nostro poeta Fiori che si concede con autenticità, facendo trapelare la sua fede religiosa con la consapevolezza che un giorno saremo “giudicati”. Potrebbe nascere da qui l’onestà poetica dello scrittore, che ci dona una silloge dove ogni lirica è anche una sorta di piccolo saggio filosofico, dove le parole così ben scandite e accuratamente scelte risuonano perfette sia come poesia che come prosa (a seconda della lettura che ne impostiamo). Mi colpisce il modo in cui Fiori affronta la tematica della morte, la sua saggia leggerezza riesce a rendere tutto umanamente pacato, quasi serafico nell’affrontare tematiche inquietanti con un abile tocco di velata ironia: solo così, d’altronde, sarebbe possibile e credibile un epitaffio in attesa di lapide!

Nota di lettura a cura di Antonio Corona.


Estratti da LA STESSA PERSONA

Sei la stessa persona
che alla stazione pianse, un giorno
che una notte urlò il mio nome nel sonno
che sapeva dire così bene – ti perdono
che tanto male amavo e che vorrei vicino
adesso, ch’è troppo tardi dirlo
– che non sono più vivo.

***

Omaggio a Caproni I

Dovevo salire, fare quel sentiero
costretto a farlo da solo
– a ogni passo decidere
dove mettere il piede.

Mi vedo ancora, sfinito, arrancare in salita
con capo chino a chiedermi in quale vita ero
e in quale sono finito.

***

Non ho capito niente dell’amore
– sembrava un brindisi, un incanto
una torta guarnita, invece
nessuno m’ha avvertito
ch’era un caso, la moda d’un momento
una bugia che diciamo
per rendere la vita meno triste…Ma allora
d’amore perché sogno, perché muoio?

***

La coscienza parla una lingua
che non conosci, t’aiuti con i gesti
ma non vi capite e adesso è troppo tardi
per metterti a studiarla, devi scavare nel fango.

***

Che la poesia consòli
non lo posso provare
ma resta l’illusione
che un giorno, all’improvviso
il verso di qualcuno
risponda alla domanda
che ti assale.


Antonio Fiori (1955) è nato a Sassari, dove attualmente vive. In qualità di critico ha collaborato ai blog letterari «Via delle belle donne» e «Oboe sommerso» e al mensile «Poesia» di Crocetti. Nel 2004 è stato tra i vincitori per la silloge inedita al Premio Montale Europa. Per il libro Nel verso ancora da scrivere (Manni, 2018) ha ricevuto il riconoscimento «Per una vita in poesia» al Premio Montano 2019. Ha pubblicato inoltre Sotto mentite spoglie (Manni, 2003), La quotidiana dose (LietoColle, 2006), Trattare la resa (LietoColle, 2009), In merceria (Carlo Delfino, 2012) e I poeti del sogno. Piccola antologia (Inschibboleth, 2020). Per «Avamposto» cura la rubrica Terza voce.

In voga