a cura di Antonio Corona


Da ANTROPICA

Sempre selfie

Guardarsi nello schermo, non guardare
negli occhi il mondo,
disposti ad affrontare
Il rischio che sia un altro
a interpretare.

Inseguire voraci dentro il selfie
il volto che si storce e cerca invano
l'immagine covata nello specchio,
se emerge un io diverso e innaturale
l'estraneo che altri vede e forse ama.


Da VIA DEL CANTO

Tropaeolus

Audaci come una falange
procedono i nasturzi.
Invadono di elmi colorati,
forti arancio, gialli dorati,
aggrediscono lieti i miei vasi;
diffondono in avanzata
i loro bottoncini,
conducono ordinati
l'assalto della specie,
allegri garantiscono
una discendenza variegata,
a volte si spengono
nell'insalata.


Da IL FILO TORTO

La scatola dei bottoni

Triste sarebbe
non aver vissuto
e non potere infine
frugare tra i ricordi.

Come bottoni nella scatola
amata dai bambini,
promessa risonante
di incompresi tesori:
madreperle marine,
ossi laccati,
mostrine militari;
ori sbiaditi
e ganci senza aggancio
di abiti scuciti.

Se vi cerchi qualcosa troverai,
immagini e parole,
squarci di strade,
nelle piazze, seduti a tavolini,
volti senza più volto,
gridi d'amore,
anche il sogno del sogno.

E a volte lo spillo
che dimenticato, infido,
riapre la ferita.

Dalla prefazione di Daniela Bisagno

[…] se la poesia si definisce innanzitutto come una attenzione, la sola facoltà in grado di penetrare direttamente la realtà, tanto quanto l’immaginazione è portata a evaderne, questo si deve affermare, a buon diritto, per la poesia della Suppo in cui la necessità (di ordine etico, oltre che estetico e intellettuale di aderire al “vero”, è riconoscibile come emergenza primaria e spinta propulsiva. Un’attenzione scrupolosa, non distante dalla cura con cui l’artigiano lavora il proprio oggetto (ma già Caproni, e più recentemente, sulla sua falsariga, Viviani indicava nell’artigianato una prerogativa dell’attività del poeta: “sono un modesto artigiano”, egli stesso amava definirsi), che opera con la medesima acribia, qualunque sia il contesto in cui si esercita: la natura, con le sue semplici (amabili) presenze; la società contemporanea, inclusa quella dei poeti, con i suoi costumi, il suo linguaggio, a cui la Suppo non risparmia gli strali di una sottile ironia, che spesso sfiora le armoniche di un sarcasmo di schietto sapore pariniano, come in Vergine cuccia, nella prima sezione, Antropica. […]

Dalla prefazione di Alfredo Rienzi
[…] L’impatto con il titolo – Il filo torto – pone subito una questione, già che di torto, attorcigliato o contorto, nella resa versale del sentire e pensare dell’autrice, non pare esserci molto, non più del minimo tributo che si deve a un testo poetico. La comunicativa diretta (acuta, fine, esigente, ma non oscura o lambicchevole) è, infatti, un netto e dominato intento della poetesse torinese. […] Allora cos’è questo filo torto? La risposta è già nella domanda: è il suo punto interrogativo, curvo per destino irrimediabile, è è il darsi chiaroscuro ed agrodolce della vita, per movimenti e ombre, per “assenze”, “scorie”, “polvere” che impediscono e smentiscono ogni retta cartesiana. […]


Angela Suppo nata e vive a Torino, è laureata in filosofia. Ha dedicato la sua vita all’insegnamento e alla dirigenza scolastica nei licei. Collabora al foglio di poesia Amado mio, e partecipa attivamente, presso il Circolo dei Lettori di Torino, al gruppo di letture poetiche “Tempo di Parole”. Con la raccolta precedente, Senza indicazioni di tempo, (La Vita Felice, 2019), ha vinto il premio Mario Soldati 2020, il premio speciale della giuria Besio 2021, è stata finalista in due edizioni del Gozzano, 2020 e 2021. Sempre negli stessi anni ha ricevuto la menzione d’onore al Premio Parasio-Città di Imperia. La sua seconda raccolta è Il filo torto, Puntoacapo Collezione Letteraria, 2022.

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