a cura di Rosanna Frattaruolo
Giovanna Rosadini della poesia dice
Per me la pratica della scrittura (che coincide essenzialmente con la poesia) equivale al raggiungimento di una terra promessa, qualcosa a cui mi sono sempre sentita destinata e a cui ho potuto dedicarmi, pur avendo sempre scritto, nella seconda parte della mia vita, dopo un grave incidente avuto a quarant’anni. Poco dopo ho esordito su Atelier, la rivista che oggi dirigo insieme a Giuliano Ladolfi e Luca Ariano, per approdare successivamente alla mia casa madre e venire pubblicata nella collana di cui ero stata editor, la mitica Bianca. Più in generale, credo che la poesia sia un’esperienza del mondo: il poeta esperisce l mondo attraverso il linguaggio, tenendo conto che quello intensificato e soprassaturo della poesia del mondo sa e può cogliere l’essenza, i sottintesi, le sfumature e riverbera la sua individuale e irripetibile visione per il lettore. Il linguaggio assume così una funzione biunivoca. Da una parte serve al poeta per conoscere (nella sua funzione oggettivante, e in senso biblico, direi: la conoscenza avviene tramite la nominazione) il mondo.
Le cose esistono e prendono vita attraverso le parole che gli attribuiamo, che lo definiscono, e questo vale soprattutto per il processo creativo, legato all’individualità del soggetto che lo opera e dunque avulso da banalità e standardizzazione, quando è riuscito e autenticamente significativo: scrivendo, il vero poeta, oltre a dar forma ai propri contenuti psichici ed emotivi, dà forma al mondo, o meglio ne crea uno nuovo, personale ed originale, o, per dire più precisamente, lo trova insieme alle parole che affiorano alla sua coscienza. D’altra parte, in senso inverso, il linguaggio è la modalità che il lettore attraversa per attingere il senso e la visione del mondo del poeta, o dello scrittore in genere, e, venendone in contatto, di esserne modificato. Nel caso dei poeti e della poesia lo scambio, ciò che passa attraverso le parole, è essenzialmente una sostanza emotiva, quanto meno in prima battuta (anche se, come acutamente osserva Nicola Ghezzani: “in un processo autenticamente creativo non c’è alcuna distinzione fra emotivo e razionale. Parafrasando Pascal potremmo dire che nella libera scrittura creativa il cuore ha ragioni che la ragione ben conosce, e la ragione ha sentimenti che il cuore riconosce”).
La sua poesia ci dice
da Unità di risveglio, Einaudi 2010
L'amore sorprende come pioggia
nel buio – e siamo fradici, senza
riparo, ancora lontani dall'alba.
***
da Il numero completo dei giorni, Aragno 2014, poi in Frammenti di felicità
terrena, Lietocolle/Pordenonelegge 2019)
Toledòth
Benedizione del primogenito
I.
Dare un corpo alle parole, toglierle
dalla notte impalpabile e affamata
d'aria, che abbiano peso, che sudino
come organismi maturi, da cogliere
o uccidere, digerire perché si facciano
azione, energia di passi e movimenti,
maledizione del pensiero. Che entrino
nelle nostre carni irrevocabilmente,
lame affilate o pallottole, sferza di gelo
o limpido sole, promessa mantenuta
del cuore.
***
da Fioriture capovolte, Einaudi 2018
Respiro nel respiro, ascolto la notte.
Ombre lunghe tendono abbracci,
invitano a proseguire oltre la siepe
sul confine dello sguardo. Accade,
ancora, di ritrovarsi nudi, esposti.
Restare allora nella notte, accogliere
la sua lusinga è un balsamo per chi
non lascia tempo alla paura, tenebra
è una parola che risolve e cura.
Dicono di lei e della sua poesia
Gerardo Masuccio in “Poesia”, n. 358, anno XXXIII aprile 2020. “La parabola poetica di Giovanna Rosadini è una traccia d’eleganza, pensiero e sonorità che attraversa il piano della poesia contemporanea, silenziosa come tutto ciò che è autorevole, influente come tutto ciò che orienta”.
Carlo Ossola, dalla motivazione del Premio Pavese 2023 per la poesia. “La poesia di Giovanna Rosadini si distingue per una sobrietà di meditazione, spesso biblica, che avvicina il suo sentire a quello di Primo Levi, ma anche all’ultimo Montale”.
Roberto Galaverni, dalla motivazione per la vincita del Premio Arenzano, 2010. “Unità di risveglio di Giovanna Rosadini presenta la singolare compattezza di un coerente e molto intenso svolgimento interiore. Ispirata dall’esperienza durissima e davvero estrema di un progressivo risveglio dal coma, questa raccolta di versi può leggersi infatti come una densissima avventura di conoscenza di se stessi e della vita”.
Franco Manzoni su Il numero completo dei giorni, in “Corriere della sera”. “È un canto di preghiera col tempo scandito nelle ventiquattro ore moltiplicate per un intero anno. Un esercizio spirituale che non cerca ascesi né si protende a Dio, semmai descrive una contrazione verso il basso del quotidiano, una discesa nella terra, elemento costitutivo dell’essere umano per scoprire in noi l’impronta divina”.
Milo De Angelis, dalla motivazione per il Premio Europa in versi, 2018. “Fioriture capovolte custodisce nelle sue pagine una vita intera. Dall’infanzia ligure con i suoi affetti familiari alla giovinezza veneziana con gli anni appassionati dell’Università, fino alla maturità milanese con le sue mille letture poetiche, tutta l’esistenza viene percorsa nelle sue tappe essenziali, che s’intrecciano tra di loro in una metamorfosi perpetua: l’età attuale s’immerge nella giovinezza, l’attraversa e ne viene nutrita e tutte le stagioni respirano una nell’altra nel grande fiume del tempo”.
Giovanna Rosadini e i suoi poeti
Ho avuto una formazione letteraria assai poco ortodossa (liceo scientifico e Lingue e letterature orientali all’università), dunque i classici non hanno avuto gran peso nella mia formazione, a parte forse Catullo e Ovidio; Lucrezio l’ho avvicinato recentemente grazie alla magnifica traduzione del De rerum natura di Milo De Angelis, che considero un maestro, la personalità poetica, fra i poeti italiani contemporanei, che seguo (ogni sua nuova pubblicazione è una festa) da quarant’anni. Lo stesso dicasi per Valerio Magrelli, che ho apprezzato soprattutto per i primi, intensissimi libri. Poi ci sono le sorelle di penna, da Antonella Anedda a Maria Grazia Calandrone a Daniela Attanasio, fino a Giovanna Frene, ma anche le amiche di cui sono stata editor, come Mariangela Gualtieri ed Elisa Biagini… A lei devo la conoscenza di molta della poesia americana contemporanea, in particolare autrici la cui lettura mi ha nutrito moltissimo, come Sharon Olds, Adrienne Rich e Anne Carson, che si dono aggiunte al filone delle poetesse americane conosciute e lette da sempre, come Emily Dickinson, Sylvia Plath e Anne Sexton. Ho conosciuto e frequentato anche Patrizia Valduga, maestra di passionalità unita al rigore, ma maggiore influenza sulla mia poesia credo abbia avuto quella di suo marito Giovanni Raboni, per l’inarrivabile naturalezza ed eleganza nel declinare le movenze della vita… Questo per quanto riguarda gli italiani miei contemporanei. Allungando lo sguardo all’indietro, sul Novecento, i nomi sono essenzialmente due: Montale e Sereni. Ho amato molto anche Pavese, ma il mio modo di far poesia ne è stato meno influenzato. Prima, Campana, Gozzano, la Romagnoli…e, andando più indietro ancora alla tradizione italiana, la lettura adolescenziale di Leopardi è stata determinante, e prima ancora quella degli stilnovisti. Non credo occorra nominare Dante… Infine, ammetto un debito anche con la poesia cinese studiata all’università, la composta armonia di Wang Wei e della poesia Tang che si è riverberata sino a Li Jinfa, il poeta simbolista su cui ho fatto la mia tesi di laurea… e naturalmente anche il simbolismo francese a partire da Rimbaud, mito adolescenziale letto al liceo…
In dono a Giovanna e ai lettori de Il Tasto Giallo, Risanamento di Giovanni Raboni da Le case della Vetra, Mondadori, 1966
Di tutto questo
non c’è più niente (o forse qualcosa
s’indovina, c’è ancora qualche strada
acciottolata a mezzo, un’osteria).
Qui, diceva mio padre, conveniva
venirci col coltello… Eh sì, Il Naviglio
è a due passi, la nebbia era più forte
prima che lo coprissero… Ma quello
che hanno fatto, distruggere le case,
distruggere quartieri, qui e altrove,
a cosa serve? Il male non era
lì dentro, nelle scale, nei cortili,
nei ballatoi, lì semmai c’era umido
da prendersi un malanno. Se mio padre
fosse vivo, chiederei anche a lui: ti sembra
che serva? è il modo? A me sembra che il male
non è mai nelle cose, gli direi.
Giovanna Rosadini nata a Genova nel 1963, si è laureata in Lingue e Letterature Orientali all’Università di Ca’ Foscari, a Venezia. Ha lavorato per la casa editrice Einaudi, come redattrice ed editor di poesia, fino al 2004, anno in cui è uscito, per lo stesso editore, Clinica dell’abbandono di Alda Merini, da lei curato. Ha pubblicato la raccolta Il sistema limbico per le Edizioni di Atelier nel 2008, e altri testi poetici in riviste e antologie collettive. Nel 2010 è uscito Unità di risveglio, per la Collezione di Poesia Einaudi, Premio Arenzano. Per lo stesso editore ha curato l’antologia Nuovi poeti italiani 6, del 2012. La sua terza raccolta poetica, il numero completo dei giorni, è stata pubblicata da Nino Aragno editore nel 2014. A maggio 2018 la pubblicazione di una nuova raccolta, Fioriture capovolte, ancora per Einaudi editore, Premio Camaiore, cui ha fatto seguito, nel luglio 2019, l’autoantologia con inediti Frammenti di felicità terrena, edita nella collana “Gialla oro” di LietoColle /Pordenonelegge, Premio Merini. A giugno 2021, per i tipi di Interno Poesia, la silloge in lasse prosastiche Un altro tempo. Ha vinto la 40ma edizione del Premio Pavese sezione poesia “per la qualità dell’opera” nel 2023. Vive e lavora a Milano.
la foto di copertina è di Samantha Faini





