a cura di Antonio Corona
dalla sezione MENS
Lo strazio di scrivere la verità è
il mio nuovo gioco da adulto. Ma
se il tempo non esiste, è anche
saltare la campana sul vialetto
asfaltato di un giardino. Quel
gessetto innocente, ma graffiante
che disegna croci a caselle
e numeri, calpestare a salti alterni
con voci allegramente stridenti.
Chi poggia il piede perde, ma
la vera vittoria è mentre entrambi
i piedi restano sospesi per aria.
Per un instante. Ma se il tempo
non esiste, per sempre.
***
Io sono l'ascensore, che sale,
scende, sale e a volte s'inceppa.
Ospito gente, ma non tocco mai
i gradini. E soprattutto non so
cosa c'è oltre il portone del mio
palazzo. Non arrivo al piano
del terrazzo e non vedo mai
il cielo. L'aria è limitata, a volte
sa di profumi borghesi, ma
anche di sacchetti d'immondizia.
Le grate sono quelle dei confessionali
o delle finestrelle nei conventi
di clausura. ma c'è lui a ricordarmi
chi sono, sempre lo stesso specchio
verticale. La mia figura è intera
e mi risponde che sono incastonato
in un parallelepipedo che attraversa
lo spazio grazie a un gioco di funi.
dalla sezione COR
Spesso mi trovi attonito, a chiedermi
se anche puoi risplendere nella bruttezza
della vita. Se è amore la realtà
ruvida che ci stringe senza arte,
senza il velo della parola che divide,
senza il canto di un orecchino
che tintinna. Fuori da queste sirene
che tu eri, sulla trina del mare
crespo di vita, mi affatico ad affiorare,
non so se tu sarai, dallo smalto
che abbiamo tracciato nel fondale,
forse per aprire nella fessura un raggio.
dalla sezione SENSUS
Ho letto la mia vita nelle rughe
delle foglie di un'agave panciuta.
E mentre vegliavo seduto sulla
terra obesa è venuto un lampo,
figlio di un Titano, che ha acceso
le bacche secche cadute tra gli sterpi.
Sotto le palpebre una luce improvvisa,
come un baleno nella notte turbata.
presagi arcani, tristi emozioni
e primigenie, creature abitare
nel mio corpo, sotto i peli, sotto
la mia pelle, e vedere il sangue
che scorre pieno di storia, pieno
di uomini. Poi, come nell'alba umana,
si è levato un grido di piacere.
Giorgio Linguaglossa per Marco Colletti sulla rivista letteraria internazionale “L’Ombra delle Parole”.
Marco Colletti compie minuscoli gesti linguistici per liberarsi dalla tirannia della poesia apofantica, sposta lo sguardo dall’oggetto del pensiero all’analisi e alla indagine dei presupposti del pensiero tout court, piega l’interrogare su se stesso. Il principio logico fondamentale, il principio di non contraddizione non è negato ma limitato e ricondotto al suo luogo d’origine, e così il determinato (la parola) scopre di essere un indeterminato (la non-parola). L’indagine del poeta predilige l’ambito delle in-determinazioni dell’io, di ciò che non si è ancora sedimentato, il valore di tutto ciò che è in incognito: gli stati d’animo, le tonalità emotive, le angosce del quotidiano, il sublime, i gesti incompiuti che scompaiono, un sorriso che scompare… Sono parole «ondulatorie», «intermittenti» queste del poeta romano, ma ruotano pur sempre attorno all’epicentro dell’io; la voce non è impostata al centro del petto ed esce acrilica, im-provvida mentre stride. (…)
Marco Colletti vive e lavora a Roma. Laureatosi in Lettere all’Università degli Studi di Roma La Sapienza con la tesi “L’immaginario affettivo nelle Familiares del Petrarca”, Relatore Prof. A. Asor Rosa, si occupa da sempre di poesia, critica letteraria con approccio ermeneutico-antropologico e arte contemporanea in qualità di curatore e artista digitale: le sue opere digitali sono poesie visive e le sue poesie visioni. Organizza eventi e convegni letterari ed è redattore della rivista letteraria Formafluens International Literary Magazine. Suoi contributi critici sono presenti anche nelle riviste Laboratori Poesia e Il Mangiaparole. È art director e illustratore per aziende e case editrici internazionali nel settore dell’illustrazione per l’infanzia.





