a cura di Antonio Corona
da Tabù
Mi chiami e la madre diventa un problema
che devo risolvere io, durante i pasti
i fieri pasti, gli splendidi pasti,
che non mi lasci di mangiarli in pace.
Mi dici che la madre ha l’oro in bocca,
ma che non parla mai, non le si vede.
—
Dopo la cena mi inviti a salire
per digerire insieme, ed è la casa
condivisa con altri tre studenti
dove nascondi tutti i tuoi tesori.
Mi dici – Vivo solo in questa stanza,
non ti inganni l’ampiezza dell’entrata.
—
da Tresor
Come uno di fronte a un ostacolo
salta un pasto, salta un turno sacro,
procedo così, mi si figura il Paradiso.
L’ecosistema, volgendomici io intorno con il segno dei
Gemelli, mi si scoprì tutto. Ma chi pensasse che la materia
è fatta di atomi e particole, venite verso di me, venite verso
la situazione conversazionale.
—
Che importa se uno non comprende
le berze, non le gambe, le calcagna.
Tanto sarà uguale il grido,
la meraviglia alla vista della manna.
—
Manna, per cortesia, la malsania
all’amica mia che non mi chiama
fino a quando non mi darà udienza,
perché è santa, benedetta è la causa.
Manna la fevre contina e terzena
a quella che non rede a questa mensa
ma manica con altra compagnia,
e che si stupefaccia se mi nominano.
(Va il cuore en espineta e rogaria, come in un punto
equinoziale a caso, alla scrivirita.)
Dalla prefazione di Giulia Depoli per TRESOR di Giulia Martini.
Tresor è un’avventura filosofica e in quanto tale, platonicamente, prende le mosse da una storia d’amore.
(…) Già dal titolo, Tresor rivela la sua natura: è un libro fatto con le parole degli altri – e al contempo, per sua stessa ammissione, proprio per questo è l’unico libro che Martini avrebbe potuto scrivere. Non solo si intitola come la prima enciclopedia in lingua volgare di Brunetto Latini: anche tutte le poesie di cui si compone sfruttano largamente la tecnica del cut-up, prelevando materiale linguistico (dalla singola parola a interi periodi) da testi preesistenti.
(…) Un ultimo, fondamentale tassello sulla metrica di questi testi. Ai versi canonici della tradizione poetica italiana (in primis, l’endecasillabo), si abbinano in questo secondo libro di Martini anche dei brani che il lettore potrebbe prendere per prosa, ma che prosa nn sono. Si tratta di porzioni testuali che tendenzialmente si addensano a fine componimento, spesso racchiuse da parentesi, permeate da una marcatissima istanza allocutiva nei confronti di un Tu e, più frequentemente, di un Voi.
Giulia Martini è nata a Pistoia e vive a Firenze. Dopo una prima laurea in Lettere moderne, con una tesi su La figlia di Babilonia di Piero Bigongiari (Firenze, Parenti 1942), sta conseguendo una laurea magistrale in Filologia con un commento a Pigre divinità e pigra sorte di Patrizia Cavalli (Torino, Einaudi 2006). Ha partecipato al XXI Congresso dell’Associazione degli Italianisti con uno studio su Donna di dolori di Patrizia Valduga (Milano, Mondadori 1991). A gennaio 2015 ha raccolto 38 componimenti sotto il titolo Manuale d’Istruzioni (Albatros); a gennaio 2016 sono uscite Ventitré poesie sul mensile «Poesia»; altre, sulle riviste «Gradiva» e «Pelagos» e sull’Almanacco di poesia italiana al femminile, Secolo donna, a cura di Bonifacio Vincenzi (Macabor, 2017). È presente nell’antologia Un verde più nuovo dell’erba – Poetesse millenial degli anni ’90, Lieto Colle, 2018 a cura di Bonifacio Vincenzi. Nel 2018 è uscita la sua seconda raccolta, Coppie minime, Interno Poesia.





