a cura di Rosanna Frattaruolo
Cattedrale
Con quale passo fragile
tu ritorni come sotto una navata
senza intercessioni e silenziosa,
sotto il coro dei santi rapiti
che cercano con gli occhi
il punto lontanissimo di fuga,
pazienti con il loro dio
e l’offertorio.
Ci troveremo, forse, un giorno
dietro le quinte ardenti
di un purgatorio.
*
Ménage
Silenzi perfetti
lembi precisi
custodi apparenti
nella pozza di luce
della lampada azzurra.
Cari spettri aleggiano lievi:
i cavalieri del tedio
senza celata
hanno ormai rinunciato da tempo
all’assedio.
*
Allo specchio
Sono stato seme ed albero
numero e parola
mai una sola pagina
un solo dado
-che ancora
sul tavolo
sobbalza.
Padre e figlio,
invocazioni e pentimenti,
geometrie previste
con perizia dell’innesco.
Altro sono stato, si,
da questo affresco stinto,
da quello sbrego ricucito
con la mia stessa carne:
tu che mi guardi contare le distanze
ancora non conosci il tuo destino
il tuo infinito germogliare nelle stanze.
*
Malaga
La durata del silenzio
è il metro amaro dell’assenza.
Guardo la nuca del giorno morente
che alza al cielo il suo canto di marmo rosa.
Ho avuto in dono l’amare e l’andare
poi rivoli, fiaccole, sparizioni.
Il torero andaluso sul muro
fiero con le bandiere infuocate
ricorda l’orario dell’uccisione:
non ci sarò
non ci saremo.
*
Ci daremo appuntamento in un altrove,
con altri nomi e la stessa meraviglia
tu avrai il mio anello
io la tua conchiglia.
Landa o paradiso
nel tempio illuminato
o nel boschetto di robinie
sapremo ritrovarci in sogno.
La rotta tracciata sulla carta
è come l’indice sul planisfero,
il compimento il suo mistero.
*
Non era nei patti
ma quando il canapo cadde per terra
la furia della corsa fu nella polvere
nelle preghiere, in un credo di collane scintillanti
nelle mani, in quei tornanti d’appennino
con i passi immersi nelle nebbie.
In un mondo diverso, immaginato
saremmo fulminanti
accesi a rischiarare notti oblique
senza pudore, senza l’attesa di un chiarore,
saremmo noi la luce ridestata
d’illusione.
*
Di lame ed amuleti
di segreti mai svelati
di suture e altre ferite mai guarite;
una religione cosmica, minimale
la meccanica dei fluidi
la rinuncia all’obiezione.
Abietto fu, di noi, chi si volse
noncurante verso il nulla,
chi per rimanere spense il lume
il cuore
la propria verità.
*
Fumi
Nel bosco notturno
volpi infuocate
lasciano tane scoperte
tra sudari di mirto.
Dai rami anneriti
gli uccelli di pece
covano immobili
un silenzio dolente.
All’alba passa la barca
e sulla riva si contano i fumi:
in un chiarore d’ocra e rubino
l’ombra vive il suo ultimo fiato.
*
Dove sei
e gli orologi alati
descrivono parabole nello zodiaco,
come pesci volanti
solcano un mare distillato
nel silenzio della luna.
Farsi carne e mistero
vicinanza e parola non mi basta
perché niente ti somiglia,
niente ti scalfisce
nella pietra bianca del tuo sangue.
*
Se l’argento dei vivi traboccasse
nelle mie ossa consumate
a cavalcare i sogni
potrei, da questa proda, sventolare gli anni
invece che uno ad uno seppellirli,
come cenere dei vinti
spargerli sui sassi di quel fiume
che mai, mai ho navigato.
*
La grammatica di Dio
Non siamo pronti per la luce
per l’apparizione
per il mistero disvelato
per la rinuncia alla ragione
per il candore
e la preghiera.
Cerchiamo nel creato
nella gemma
nel succedersi degli equinozi
la grammatica di Dio
che invece resta chiusa
intatta in un bacio
in una spoliazione.
Ulisse Morgione nasce in Calabria nel 1959 e vi rimane fino alla maturità classica nel 1978. A settembre di quell’anno si trasferisce a Firenze dove si laurea in Lettere moderne. Gli anni trascorsi in Toscana lasceranno un segno profondo, una maturazione del gusto e dell’interiorità, una sensibile percezione dei luoghi come “luoghi dell’anima”.
Dal 2000 vive e lavora a Napoli, in una terra del tutto diversa, ma non meno ammaliante, che ha richiesto e richiede un approccio paziente, non sempre lineare o scontato.
Nel 2020 esce la sua prima e unica raccolta di poesie “La cura del liutaio”, Currenti Calamo Editore.





