
RIVELAZIONI D’ACQUA è la silloge poetica d’esordio di Camilla Ziglia edita da puntoacapo editrice (2021), con prefazione di Ivan Fedeli. Si compone di un incipit, quattro sezioni (Stagione di mancanza, Stagione di sangue e perdono, Stagione di promesse, Stagione di percorsi) e un explicit. Trentotto testi poetici particolarmente curati nella forma e nella ricerca della singola parola, dove la Ziglia svela quanto basta per donare alla poesia la giusta aura di mistero pur permettendo di sbirciare nelle sue intime emozioni. Raccontare la vita attraverso la Natura è ardua impresa perché da sempre questa ha ispirato poeti e scrittori di ogni epoca ed età. Tuttavia nella raccolta appare evidente come la scrittrice utilizzi il proprio bagaglio letterario per farci immergere in una dimensione più attuale e moderna, mantenendo per mano il lirismo ma abbandonandosi ad una scrittura fresca e curata in ogni dettaglio. Una lodevole impresa soprattutto quando si pensa a questo volume come ad un’opera di esordio.
La suddivisione in quattro sezioni certamente induce al pensiero delle altrettanti fasi della vita (infanzia, adolescenza, maturità e senilità) o delle stagioni, ma i contenuti esulano da questa classificazione direi “scontata” ponendo il lettore in una condizione di “predisposizione naturale” alla lettura evolutiva del racconto poetico. Mi colpisce “la mia esile parola prima” espressione che l’autrice dedica ad Anna e Guido, immediatamente smentita dal suo incipit dove è palese l’amore per la parola e per la ricercatezza del particolare “Senti come si riallaccia / la sassifraga che fiorisce / sempre fiorisce prima”.
Nella prima sezione – stagione di mancanza – è evidente la volontà di affidare alla natura lo stupore dell’esistenza terrena e il mistero dell’alternanza vita/morte: “paiono docili vita e morte / insieme, terribili”. Molto interessante la scelta delle specie botaniche, come la sassifraga (pianta resistente e versatile, ideale per giardini rocciosi, bordure o come copertura del suolo) e ancor più quella faunistica, particolarmente variegata (tarlo, pettirosso, coccinella, anatroccolo, cavallo, gatto) tra cui spicca certamente l’insetto pattinatore e che la Ziglia utilizza in modo arguto e saggio per enfatizzare determinati dettagli emotivi o d’azione “una foglia tardiva frantuma / la bugia dello specchio: s’allontana sull’acqua / l’insetto pattinatore”.
In – stagione di sangue e perdono – l’attenzione poetica si sposta verso il cielo, il sole, le stelle, il lampo, la luna, il ghiacciaio. Solo una volta verranno citati nei loro tipici salti i “lavarelli”, pesci d’acqua dolce comuni nei nostri laghi, per evidenziare “il ventre nero del lago”. Sì, perché questo capitolo raccoglie, più degli altri, sentimenti d’amore, le delusioni e le attese. È forse la sezione più “intima” nella quale la Ziglia permette al lettore di sbirciare e far intravedere qualcosa in più di sé, del suo vissuto e della propria esperienza amorosa. Lo fa con eleganza e disinvoltura utilizzando appunto gli astri che da sempre rappresentano rifugio importante per i poeti e per esprimere al meglio le emozioni legate alla sfera emotiva e personale. “Chiedimi se ti ho aspettato: scioglierà la fibra / sotto la corteccia, tornerà la linfa / ad aprire le mani.”
La “stagione di promesse” è un ritorno alla terra, alla torba e ai fusti, alla roccia. È forte la necessità di sentirsi parte di un tutt’uno, del pianeta che ci accoglie, ma c’è anche bisogno di amore, di promesse. La chiesa, le campane e il campanile ne rappresentano riferimenti chiari e a differenza del precedente capitolo qui diventa protagonista non il ricordo o la delusione, ma la necessità di una rivelazione amorosa, di sicurezza. Le poesie sprigionano e raccontano di luoghi magici, avvolti da tenui nebbie e che quasi profumano di muschio e terra, ma prendono vita anche adolescenti e visi di fanciulli. Tutto questo rappresenta “promessa” e la Ziglia, consapevole del messaggio metaforico, ci propone immagini chiare e emozionanti, ci dice che “si intravede una culla – parola nuova – non il colore del fiocco”. Bellissima immagine scevra da pregiudizi di genere che inducono a guardare e ad attendere una vita e non un sesso da venerare. Ma soprattutto si cimenta in una delle domande più poetiche di sempre “se mi chiedi cos’è amore / stringo le mani / nelle tue, quelle che mi hai teso / vuote, con tutta la vita / scritta dentro.”
Chiude la raccolta la “stagione di percorsi” un capitolo curioso, anche per la presenza dell’unica poesia dotata di titolo “Lasciare”, dove è imponente l’utilizzo della luce e del vento, delle vele e dei gabbiani: la silloge sprigiona libertà e voglia di percorrere sentieri ben chiari e delineati. “Questo vento / scheggia l’aria del lago / esplode dettagli / sferzate sugli occhi”. Anche il mare diventa protagonista spostando per un attimo l’attenzione dalla pacatezza del lago, da quell’acqua ferma che rivela “sulla riva si respira / la spuma dell’onda / nelle mani la punta fredda / dello schizzo d’acqua”.
Una silloge d’esordio incredibilmente ricca e curata, cucita con dedizione come una seta d’organza che suggerisce anche un percorso poetico. La Ziglia usa il lago per specchiarsi, per riflettere e riflettersi. Si immerge poco, preferisce leggere le immagini, farci avvertire la sua presenza ed assenza, ma alla fine abbandona lo specchio: “alle spalle il lago, odore / di pesce e alghe profonde / di fronte la strada di casa”. Camilla, donna e madre, ritorna a casa: ha viaggiato nel bosco, ha letto della vita nel lago, immaginato percorsi nelle radici ma conosce bene la strada maestra. Sa che la radice emerge e si approfonda, ritorna alla terra e lei alla ricerca di una nuova poesia che realizzi il suo essere poeta nell’essenza del vivere.
Nota di lettura a cura di Antonio Corona.
Estratti da RIVELAZIONI D’ACQUA
Oggi il lago non riflette nulla
tutto intento a lavorare al fondo
a scavarsi la forma nei cunicoli
ai fianchi delle fosse.
In superficie la calma
delle cose compiute.
***
Chi legge il mondo su assi cartesiani
trascura la diagonale della vela
smarrita nel fileggio,
che sbatte e si ritorce
inarca e si distende
libera
e tutta esposta al vento.
Camilla Ziglia è nata, vive e insegna a Brescia. Ha svolto diverse attività per la diffusione della poesia: rassegna di presentazioni di autori contemporanei; direzione gruppo di aggiornamento per UST Brescia; redazione Di sesta e di settima grandezza (A. Rienzi); interventi su riviste scientifiche e blog; giuria premi poetici; partecipazione a eventi (Biennale di Alessandria, Panorami poetici di Spilimbergo). Suoi inediti hanno ottenuto riconoscimenti in diversi concorsi letterari (Premio Gozzano, Ossi di seppia, Bologna in Lettere). Compare in antologie, tra cui AAVV, I giorni invisibili, a c. di M. Zanon, 2023, Il Babi editore; Il gommone forato a c. di T. Di Malta, 2022, puntoacapo Editrice; nell’ebook iPoet, lunario in versi. Tredici poeti italiani (Lieto Colle, 2019), nell’agenda poetica 2019 Il segreto delle fragole, Lieto Colle. La sua silloge Rivelazioni d’acqua, 2021, puntoacapo Editrice, ha ricevuto diversi riconoscimenti e attenzioni critiche.





