a cura di Rosanna Frattaruolo e Antonio Corona

IV Fato

Sul filo del tempo
ho allungato la mia ombra.
Con piedi leggeri rincorro il destino
che ancora mi attende,
dal giorno che fui proiettile
di carne e sangue,
scagliato per disperazione
oltre il periglioso fiume.
Sola, nell’umido bosco che mi ha accolto,
ho ritrovato l’essenza di ciò che sono:
ramo e tronco
della radice del padre.
Sono tutt’uno
con il protendere contorto dell’ulivo,
le fronde dalle foglie d’argento,
il sapore dei grappoli maturi,
grondanti dai tralci,
le uova calde nel nido.
La piccola quiete
dell’animo tumultuoso
a fatica raggiunta,
è presto svanita:
la tromba e il tamburo
mi chiamano alla guerra
e un’onda fremente
mi spinge in battaglia.

***

XI Latium

Dalla mia terra vorrei afferrare le cime aguzze come dardi
e lanciarle lontane
per riempire la palude vorace,
ai piedi dei monti.
Lungo gli specchi d’acqua,
nell’occaso si protendono
i capricci delle macchie,
per immalinconirmi.
Le mandrie dalle lunghe corna
pascolano con lentezza di malarica morte,
che mi ossessiona.
Resto nel solitario rifugio.
Ho colto per me sola il giglio di mare,
nato sulla spiaggia, dalle orme di Feronia.
Il profumo lenisce i tagli del cuore,
i morsi dell’anima.
Domani mi sveglierò
e troverò, imbrigliati
nelle reti che ho teso,
tutti i pensieri selvaggi.

***

XII Palude

All’alba, folaghe in volo sulle paludi
come croci nere,
stormi di beccacce a coronare il cielo.
Cinegetica lontana dal mondo degli uomini,
respiro umido ansante delle paludi,

sudore e fremito.
L’acqua marcisce nei rigagnoli
e lo scirocco allenta il sonno,
i versi assordanti degli uccelli
negli orecchi
e poi è il silenzio che precede la morte
perché tutti tacciono
quando la preda è scelta.
Acre e forte è l’odore della paura
di chi fugge per salvarsi la vita.
La direzione del vento
lo indica agli inseguitori.
Nella corsa forsennata abbaiano i cani.
I giavellotti hanno raggiunto il cinghiale.
La rete lo imbriglia.
Il potente colpo della scure
lo raggiunge e lo schianta.
E infine il coltello affondato nel ventre
svela le viscere
e il fegato rosso di sangue.
È tutto finito quando muore la vita.

***

XX Conscientia

È un veliero di ritorno dal mare
l’anima dopo la burrasca della separazione.
Un sentiero torto sotto la neve,
che gradatamente si scioglie
e un macigno inamovibile nel petto.
Vorrei trovare le parole per liberarmi
ma dovrei immergermi nelle acque agitate dell’anima,
scavare, con la polvere sotto le unghie,
i ricordi sepolti per riportare alla luce
i dolori, i gemiti soffocati,
i silenzi, le attese tessute negli anni.
Se potessi afferrare un solo raggio di sole
te lo offrirei sull’altare
e rinuncerei solo per te alla verginità divina.


Maria Scerrato. Laureata in Lingue straniere, insegna Inglese nel Liceo Scientifico di Alatri (FR), città dove vive. Scrittrice versatile ha pubblicato tre romanzi (Fiori di ginestra Artestampa 2016; La guerra delle due lune, D’Amico editore 2018, Il Gentiluomo inglese, Valtrend 2020) e inoltre poesie, saggi e racconti, con i quali ha vinto o è stata segnalata in numerosi premi letterari (Città di Latina, Città di Arce, Tuscia Libris, Zeno, Generale De Cia, Hombres Itinerante et al.). Si interessa alla storia, alle tradizioni e alla cultura del Lazio meridionale che è anche lo scenario privilegiato delle sue opere. È cofondatrice del Circolo dei Poeti Erran(ti) e membro di giuria in diversi premi nazionali.
Ha pubblicato una prima silloge poetica nel 2022 dal titolo, Sassi, corolle e mutevoli colori, vincitrice con pubblicazione del premio Hombres.
Nel fremito e nel tremore, Il Convivio editrice 2023 è la sua seconda raccolta poetica.

In voga