a cura di Rosanna Frattaruolo
da Seconda partenza e promessa
Si torna dove si è già stati
Sono tornato ad esplorare la vita
– avvolto dal manto d’oro del leopardo –
l’anello perfetto, il ciclo d’ogni cosa:
molto è cambiato dopo l’onda del pianto
ma, ancora, ho in me la perla e il macigno,
nel passo la fibra palpitante al balzo
e la parola che, detta, si dissolve.
Si torna dove si è già stati.
I luoghi sono infiniti, i giorni,
ora, grappoli diradati.
Ritrovare l’orma è dono inatteso
quella di chi ci accompagnò è stria
d’ala tra neve e pietra.
Mi dici: il monte si è fatto più alto:
so invece d’essermi fatto io più piccolo.
***
da Partenza e prima promessa
V.
Sono i figli più dolci i più silenziosi
quelli che non lasciano mai uscire un urlo
neanche se i lupi azzannano nel fianco
che guardano gli uccelli allontanarsi
come se per sempre fuggissero da questa terra
sono i figli che mai fanno domande
che lanciano dadi dalle facce senza punti.
Stanotte vado.
Neanche aspetti d’avermi chiuso gli occhi
una pietosa sepoltura e l’ombra verdeggiante
neanche da preparare qualcosa per il viaggio
c’è solo pane indurito e sale
Non ho fame, rosa mattutina,
non adesso, rosa maculata, fiore silenzioso,
il digiuno se stringe troppo forte
pare quasi che ti baci con i denti
e un po’ per volta arriva a farti compagnia
***
da Il presagio
Deve essere così: il corpo sa,
ma suggerisce male di proposito
per non negarci il gemito pietoso
(se il tuono non sotterra ogni lamento)
Tentare un’impermanenza d’orma sulla neve?
Una fuga come un’altra, una meta di passaggio?
Ogni due settimane la luna si fa nera.
Ogni altre due torna d’argento.
Sembra che nell’addome s’occulti la sapienza.
L’aurora e il tramonto dicono di un solo rosso in cielo:
l’identico presagio
la stessa circostanza che ritorna.
***
da Conosco la data della mia morte
Ά
Non sia dissociato dalla realtà il sogno, la sua sintassi si
faccia onda, il decimale vesta i misteri – prima e dopo
la virgola – molto, molto dopo la virgola
la pietra e lo specchio sono sfuggiti di mano allo stesso dio, e
noi abbiamo ammonticchiato fedi di comodo per l’una
e per l’altro, e per ogni sciame d’insetti
ma il coraggio di respirare l’ossigeno dell’acqua non ci è stato
donato, il desiderio non ha conosciuto la pronuncia che
attendeva.
Per questo – anche per questo – non si separi il sogno dalla
realtà
le acque superiori restino con le inferiori, l’athanor abdichi al
suo sigillo e l’amnios disciolga il primo concepimento
della cenere.
***
da Presagi minori
L’usurpatore
Ho protetto quel presagio
l’usurpatore si mostrò, improvviso
lo zigomo segnato, l’angolo della bocca
quel suo contrarsi senza rispettare centro e simmetria
mostrava falsità, e urgenza di potere
le parole dicevano d’altro
di salita al monte, del passo sicuro della guida
di come davvero si può trovare l’oro nelle pietre
e nelle vene la cura a ogni male…
Ascolti questi miei ricordi?
Li sto narrando con semplicità
come un giorno dovrai fare tu.
Non dissi quella notte la parola
che da me attendeva, non la pensai
neppure, che non restasse orma
nella sabbia né forma nell’aria.
Dalla prefazione affidata a Dario Capello
La lontana lezione di Eraclito sull’eterna lotta e armonia degli opposti nel grembo di un’unità originaria ci aiuta a leggere la poesia di Rienzi. Ci aiuta a vedere il gioco dei trapassi, dei rovesciamenti, a volte vertiginosi, a volte fumati, dal negativo al positivo e viceversa. Una sottile e nascosta simmetria, o disimmetria, governa il bene e il male, l’invisibile luce e il buio del presente. Senso forte della Nigredo alchemica è per il poeta saper spiare, in piena notte, il rosseggiare dell’alba. Anche se «non basta il primo sguardo / per dire se il sole sorge o è al tramonto». […] Partenze e promesse. Presagi è il libro di un solitario che ha strappato al silenzio la forza di visione e dunque la direzione dei versi. Quel che qui muove è l’urgenza della domanda senza fine. La domanda antica, la più antica. A che punto è la notte? Sempre quella, la stessa domanda, insistita nelle sue varianti. Nel profeta Isaia la risposta della sentinella suona sconcertante. Se vi piace interrogare, venite, tornate a interrogare. Ma quel che davvero importa, così vuole suggerirci la parola di Rienzi, più che la necessità di sapere quando finirà la notte, è che cosa significhi notte, dal momento che «Qui regna ancora il silenzio: non dice / nulla, neppure quanto manca al giorno.»
Dalla postfazione affidata a Ivan Fedeli
Partenze e promesse. Presagi è libro verticale: tende all’alto partendo da un basso, viaggia con lo sguardo teso a un oltre che verrà, se verrà. Il poeta ha l’atteggiamento conoscitivo di un nefelomante: indaga i segni, i presagi del cielo, per restituire al mondo un messaggio, una certezza che è morte e rinascita al contempo. È preoccupato per la vita, Rienzi, assume su di sé, come voce narrante, il peso etico di una rappresentazione figurale, cristologica: il poeta ha il compito di redimere, forse, sicuramente di consegnare un messaggio alla centesima scimmia, il suo pubblico, e idealmente il genere umano mutato inconsapevolmente e definitivamente, anche se il monte si è fatto troppo alto – come non pensare a Dante? – e i verbi rinunciano a significare, a rendere un senso al non essere. Ma il messaggio è kafkianamente latente, umanamente scomodo. […] Il poeta-sciamano conosce la data della sua morte, i segni che aprono e chiudono la vita e l’essere. Come Lazzaro, egli appartiene al movimento verticale del libro, in cui alto e basso, vita e non, sogno e realtà, coesistono in
un atto di coraggio, in una profezia capace di unire gli opposti, chiudere il cerchio. Ambire a una sopravvivenza, in sintesi, è il messaggio che il poeta cerca tra i segni, diventare pietra tra le pietre, forse: “Senza conoscenza, moriranno le genti per questo saranno in lutto i paesi chiunque vi abita uccelli, pesci. (…) Le pietre no. Le pietre si moltiplicheranno frantumandosi. (…) Libellule e ragni osserveranno.” […].
Alfredo Rienzi (Venosa, Italia, 1959) vive dall’infanzia nel torinese. Ha pubblicato diversi volumi di poesia, da Contemplando segni, Premio Montale, 1992, in 7 poeti del Premio Montale (Scheiwiller 1993, con pref. di M. L. Spaziani) a Sull’improvviso, (Arcipelago itaca 2021, pref. M. Cucchi), Premio InediTO-Colline di Torino. Altri volumi: Oltrelinee, dell’Orso 1994 e Simmetrie, Joker 2000 (Segnalati al Premio Montale) e Custodi ed invasori (Mimesis-Hebenon 2005) sono in parte confluiti ne La parola postuma. Antologia e Inediti, edito da puntoacapo nel 2011, come opera vincitrice del Premio Fiera dell’Editoria di Poesia. Nel 2015 ha pubblicato con Joker Notizie dal 72° parallelo e nel 2019 Partenze e promesse. Presagi (puntoacapo ed.). Suoi testi poetici sono tradotti in rumeno, inglese, spagnolo e russo. Ha tradotto testi da OEvre poétique di L. S. Senghor, in Nuit d’Afrique ma nuit noire –Notte d’Africa mia notte nera, a cura di A. Emina (Harmattan Italia, Torino-Paris 2004). Ha all’attivo collaborazioni con alcune storiche Riviste di poesia dagli Anni Novanta, lit-blog ed ha pubblicato il volume di saggi Il qui e l’altrove nella poesia italiana moderna e contemporanea (dell’Orso 2011). È inserito nell’Atlante dei poeti curato dall’Università di Bologna e presente in numerose antologie critiche nazionali. Gestisce il lit-blog “Di sesta e di settima grandezza – Avvistamenti di poesia” https://alfredorienzi.wordpress.com/about/, dove è disponibile una biobibliografia più ampia.





