a cura di Rosanna Frattaruolo
È la quinta Elegia
a farmi male al cuore
là dove dice: E tuttavia,
alla cieca, il sorriso,
come se d’improvviso
vedessi fiammeggiare,
prima della devastazione,
il sacro delle cose.
E così tanto fosse lo stupore
da sentire il pianto
inondarmi gli occhi
e confondere nel suo sale amaro
le figure del canto e del dolore.
***
(Dharma)
Dormi in quel vuoto silente
che è degli animali ricongiunti
alla loro gracile innocenza.
Immagino le tue lunelle
danzare nell’altrove con quella
luce verdissima di fosforo
che brilla come un faro
per i passi dell’alba,
bianca maestra di ricami.
***
(alla mia gatta)
Non è solo il suo corpo
morbido e arrendevole
che tocco, ma il sentimento
stesso dell’abbandono
di chi sa addomesticare
la paura sapendo
che molto e poco
non sono differenti
sulla grande palma di dio.
***
Ma gli ultimi versi
li canterà l’allodola
nell’ora bianca dei moribondi
sempre più opachi ghirigori
in quel sereno dilagare di là.
La vita sarà una storia fioca,
quell’ombra di noi rimasta
dietro ai vetri di una finestra
***
Sotto le nuvole di Dicembre
seduta all’aperto su una panchina
– palme, oleandri, un cane randagio –
le mani sulle pagine di un libro
lasciato aperto sulle ginocchia:
Lepri lanciate nei chilometri.
Spingono pesci con piedi gentili*
pensare ad una fuga,
ripartire da zero, chiedere
un’altra primavera
per il fuoco del cuore.
L’inizio dell’alba e dell’allodola.
Tacito, acido cielo.
Mi taglia la faccia il gelo.
*Lorenzo Pataro, Amuleti
***
Voglio una casa senza porte
il vento che entra e fischia
insieme ad uccelli vagabondi,
una casa vuota dove dormono
angeli invisibili e crescono fiori
tra le fessure dei muri, e di notte
la luna sparge la sua acqua d’argento
e gira con il tempo finché l’afferro
come una moneta e la getto nel pozzo
e lei dal fondo mi guarda silenziosa
e mi incanta fino all’oblio, fino all’oro
dell’alba che sogna questo sogno.
La figliatura
Come attraverso l’oscurità
lei ci fa chiaro. E con noi
attende che, slargando il cuore,
qualcosa ci giunga da quel segreto
di noi come piena di vento una foglia
che ascenda lenta nell’aria
e ricadendo conservi della grazia
il ricordo. Più non sapremo.
L’angelo ha già l’indice sulla bocca.
***
Mentre il vento risveglia le foglie,
il bianco del mattino si versa
come latte sui fogli.
Ho febbre di figliatura di parole.
Lei ha l’occhio spalancato,
sta dietro ai vetri abbagliati
e con il dito traccia i segni
della sua meraviglia
se in un angolo del giardino
fioriscono i fiori vermigli
del cisto marino.
***
Nel giardino di Gianna
crescono accanto
la pianta delle tazze d’oro
e quella delle trombe degli angeli.
I botanici le chiamano rispettivamente
Solandra maxima e Suavis datura.
Lei non sa di coltivare metafore.
Loro non sanno di nominare lo stupore.
Versi dall’Occidente
Non ha più la geometria di un giglio
né la gloria vermiglia di un papavero
questo corpo che cova da stagioni
l’oscura agonia della paura.
L’albero della colonna vertebrale
s’ingemma soltanto di dolori,
l’anima grigia somiglia
ad una nuvola invernale.
***
Un altro gioco la solitudine,
una cosa che sta a parte e
che pensa ad una possibile caduta
sfiorata dall’anima muta della bestia.
Appartiene a quel dio del dovunque
che non ha parole, che ci sembra di nulla.
***
C’è questa pietra
che inizia dal diluvio:
nessun fiume mai l’ha rotolata.
Se ne sta ferma e chiara,
ma se palpita
un filo di brezza
e con respiri minuti la tocca
la sento parlare d’assoluto.
Dalla prefazione di Alessandro Fo.
Le cento poesie che compongono la nuova raccolta di Franca Alaimo evocano, sul piano letterario, uno spazio incantato: un luogo che congiunge gli spazi della casa all’epifania di una moltitudine di delicati elementi di natura, vegetale, animale, minerale («la mia anima è tutta minerale»).
[…] Sullo sfondo, un riservato atteggiamento di preghiera, tentativo di conversazione con un Dio ancora piuttosto lontano («quelle lettere segrete/ che solo per paura io non Ti mando»), pur se qui vicino invece agiscono certi suoi misteriosi angeli. E, contestualmente, un profondo apprezzamento del bene costituito dall’esistere, e una sentita, velatamente commossa, riconoscenza per le offerte che la vita non solo ha presentato, ma può continuare a presentare finché il respiro durerà. «L’anima si difende/ sotto il trotto del sangue».
«Conta solo lo stare al mondo,/ alzarsi vivi ogni mattina». Prove di congedo con nature vive, contemplando «la grazia del Regno». «Benedicimi, gioia».
Franca Alaimo esordisce come poeta nel 1991 con Impossibile luna (Antigruppo Siciliano), a cui seguiranno altre sillogi, le più recenti delle quali: Elogi; sacro cuore (Ladolfi Ed.); Oltre il bordo (Macabor 2020), 7 poemetti (InternoLibri 2022), Pentru Altundeva (Cosmopoli, 2022). Ha lavorato nella redazione delle riviste: L’involucro, Spiritualità & Letteratura, La Recherche.
Dirige la collana poetica per le edizioni Spazio-Cultura, Palermo. Ha pubblicato saggi su Rescigno, Luisi, Loi ed altri poeti.
È presente in molte antologie, riviste e storie della letteratura (Insulari. Romanzo della letteratura siciliana, a cura di S. Lanuzza, Stampa Alternativa, 2009). Nel 2018 ha curato con A. Melillo l’antologia L’eros e il corpo (Ladolfi). È autrice di tre romanzi: L’uovo dell’incoronazione (Serarcangeli), Vite Ordinarie, (Ladolfi); La gondola dei folli (Spazio Cultura). Nel 2020 le edizioni Macabor le dedicano una monografia.
È stata inserita in Dizionario critico della poesia italiana (1945-2020), a cura di M. Fresa (Società Editrice Fiorentina, 2021) e in Contemporary sicilian poetry (curatori A. Ilievska e P. Russo, Italica Press, New York, 2023). Gestisce la rubrica “Fulgore e poesia” per la rivista letteraria “L’estroverso”, diretta da Grazia Calanna.





