SERACCHI E MORENE è la recente silloge poetica (Passigli Editori, 2024) di Mauro Ferrari, con prefazione a cura di Giancarlo Pontiggia. Suddivisa in quattro sezioni (Sotto le bombe, Seracchi e morene, Infine, La spira) si conclude con una nota finale dell’autore.  Un’opera compatta ed esaustiva nella quale, ci fa presente il prefatore Pontiggia, è possibile ritrovare tracce delle sue precedenti produzioni, titoli che si integrano nei versi e allo stesso tempo costituirebbero chiave interpretativa e invito alla loro lettura. Ma questa raccolta, non a caso indicata come opera, è veramente colma e straripante di contenuti.

Iniziamo proprio dal significato dei due sostantivi utilizzati nel titolo, che non voglio dare per scontati. Il “seracco” è una formazione tipica di un ghiacciaio, derivante dall’apertura di crepacci. Il termine deriva da serai, parola romancia (lingua parlata in Svizzera) a sua volta proveniente dal latino serum, che ha dato il nome a un noto latticino svizzero “Sèrac”, in virtù della somiglianza a un blocco di ghiaccio. E poi la “morena” che è una particolare forma di accumulo di sedimenti, formata da detriti rocciosi trasportati a valle o ai bordi,  dal lento moto di scivolamento di un ghiacciaio. I sedimenti che costituiscono le morene sono chiamati “till”.

Accantoniamo solo provvisoriamente la scelta di questo titolo e addentriamoci nella prima potente sezione – SOTTO LE BOMBE – che Ferrari sceglie per farci da subito intendere la sua preoccupazione per il mondo odierno, per un male silenzioso di cui forse nessuno parla o non abbastanza. E lo fa introducendosi con una citazione di Franco Fortini “Gli oppressi/ sono oppressi e tranquilli, gli oppressori tranquilli/ parlano nei telefoni, l’odio è cortese”. Il dirompente inizio del poeta con le indicazioni per i commercianti di luce ci fa comprendere le sue intenzioni e quello che accade intorno a noi, mentre indifferenti facciamo la spesa con “le monetine in mano/la presa salda sul carrello”. Ferrari inizia a dirci che “dobbiamo resistere/amando la bellezza/crearla” in quanto non sapremo mai se “l’attimo di luce è un accendersi o uno spegnerci”. C’invita ad osservare “la saggezza delle foglie” mentre tutto intorno a noi va in polvere, i ghiacciai si sciolgono, la terra si sfarina… e allora è meglio restare nelle proprie case, proteggere chi si vuole bene da un male terrestre e incalzante.

Ed è proprio qui, sotto le sue bombe poetiche, che il titolo “seracchi e morene” assume ulteriore significato, velato e poetico. I seracchi sono in fondo cicatrici, riparano un crepaccio. Sono fatti di ghiaccio e quindi di acqua, rappresentano la purezza a differenza delle morene, pulviscolo di terra, che consegue al danno, perdizione e fine.  Allora può essere questo il gioco: interrogarsi su presente e futuro, la costante lotta fra il bene e il male, riparo e conseguenza, salvezza o morte. Una prima sezione che serve da trampolino per la seconda, vera colonna portante dell’omonima opera – SERACCHI E MORENE – un tuffo nella Natura.
Le poesie si “aprono”, fanno entrare luce, compare il verde, gli animali e i colori. Muschio, erba e genziana, aquilegia, moscerini, farfalle, topolini, cani, marmotte, stambecco popolano improvvisamente la silloge, facendoci immergere nella bellezza della natura che “resiste”. Ma ancora Ferrari non frena la sua immaginazione e cita quattro specie animali estinte: il dodo (colombo gigante incapace di volare), l’alca (uccello marino tuffatore), il lipote (delfino di acqua dolce) e il tilacino (marsupiale superpredatore). Specie per le quali la Long Now Foundation ha recentemente presentato un progetto per riportarle in vita, in quanto geneticamente simili ad altre ancora esistenti. Veramente notevoli le poesie dedicate alla roccia, un vero e proprio elogio poetico a questa creatura, spesso imponente, che vigila sul pianeta Terra ed è testimone dei suoi cambiamenti (da XXX a XXXVI): “solo la pietra non teme la sua logica”.
 
Arriviamo alle ultime due sezioni – INFINE e LA SPIRA – la prima molto breve contiene tre testi particolarmente significativi, dove l’autore si rivela in tutta la sua saggezza di uomo che in fondo non ha poteri e può solo rassegnarsi, affidandosi filosoficamente al processo inesorabile del tempo e dei suoi eventi.  In La Spira, Ferrari cambia registro e ci consegna i suoi pensieri in forma di poemetto, in un elaborato, che ci spiega nella nota, era già stato concepito nel 1994 e che trova qui la sua versione finale e riassuntiva.

Leggere “Seracchi e morene” è compiere un viaggio dentro una raccolta poetica che racconta: i suoi testi sono perfettamente connessi, leggiamo come se scorressimo fra le mani un filo o fossimo accompagnati per mano dall’autore. Niente sbavature, il linguaggio essenziale e curato in ogni dettaglio, ci permettono di immergerci nell’elegante e composto pensiero di Ferrari. Azzardo, ricollegandomi al significato del titolo, che forse seracchi e morene è una bellissima “scusa poetica” , una metafora per dirci “chi ci salverà”? La purezza del ghiaccio o i detriti della terra?

Nota di lettura a cura di Antonio Corona.


Estratti da SERACCHI E MORENE


La luna è sul seracco, il padre altissimo
della morena che è la nostra casa –
un padre fragile, che lentamente
si allontana verso il cielo
e che può sciogliersi in un’apocalisse.

Abbiamo radici delicate,
fiori che il vento scompiglia e il nulla tenta.

Tragicamente, crediamo nel domani.


***

Nel nulla – dove spazio, tempo e tutto
il tutto sono nulla – avremo tutto
il mondo che desideriamo. E nulla
mai saremo o diverremo, e nulla
ci sarà da fare o dire, eccetto
contemplare il tutto che noi siamo.


Mauro Ferrari – (Novi Ligure 1959) è direttore editoriale di puntoacapo Editrice. Ha pubblicato le raccolte poetiche: Forme (Genesi, Torino 1989); Al fondo delle cose (Novi 1996); Nel crescere del tempo (con l’artista valdostano Marco Jaccond, I quaderni del circolo degli artisti, Faenza 2003); Il bene della vista (Novi 2006); Il libro del male e del bene (puntoacapo 2016); Vedere al buio (puntoacapo 2017). Ha inoltre prodotto una serie di saggi di poetica ed è incluso nella monografia sulla poesia italiana contemporanea della rivista francese Po&sie, è inserito nell’Atlante dei Poeti di Ossigeno nascente. Ha fondato e diretto fino al 2007 la rivista letteraria La clessidra, ed è stato redattore delle riviste margoL’altra Europa (Costantino Marco editore). Nel settore dell’anglistica si è interessato di Conrad, Tomlinson, Hughes, Bunting, Hulse, Paulin e altri poeti contemporanei. Suoi testi e interventi sono apparsi sulle maggiori riviste letterarie. Attualmente dirige l’Almanacco Punto della Poesia Italiana, edito da puntoacapo. È membro della Giuria del Premio letterario “Guido Gozzano” di Terzo (AL) e del Premio Lago Gerundo, ed è direttore culturale della Biennale di Poesia di Alessandria.

In voga