a cura di Rosanna Frattaruolo

Da MERAVIGLIA

[...]
questa terra non è più sicura.

Io ritorno,
aspetto al cancello
ogni sera

lei

e ho le mani nude

c’è freddo

ci si sfama con poco,
non si fa più tardi

ci si scalda in due

(o meraviglia ) …

… Ma non amare la notte
adesso

è meglio, per te
è presto –

non guardarla negli occhi …

Sono qui
che resto

(io)
che veglio

(te, sola)

perché restano i padri
forse
e le guardie,

perché è aria di neve

meraviglia mia.



*

da LO SPLENDORE (I)

Pioggia

inaccessibile.

Tu sei arido ...

Il carrello del pranzo, il cortile
l’ascensore nero

ricordo di madre

(aiutami)

mi consola.

Andranno –

le ombre (nel reparto)

straniere anche le stelle dei figli.

Battevi il quadrante, il quadrante dell’orologio...
...
Primo giorno, padiglione giallo

gli allucinati

lamette

cinghie sequestrate

al mattino.

Al mattino.

Paura

pareti impregnate
di ombre

odore prepotente dei corpi

santi

estranei, allontanati

da qui

da me.

Inaccessibili lontani da qui.

Si picchiano, boccetta di Valium

(rubata)

nostalgia tra le grate, tra le spine

infinita

Padre –

ho paura.

Non mi accolgono

avremo mai perdono?

Là fuori
m’inseguivano i poliziotti

(poliziotti)
di notte
volere l’abbraccio …

Sollevarono la pistola

mi mancarono

per pietà

nella nebbia spararono in alto.

*

da LO SPLENDORE (II)

Negare,

dimenticare.

La casa
separata dal cortile

dalle voci

il fruscio del cuoio (profumato, ruvido)

lenzuola fresche il buio

inoltrarsi

seppellire il bimbo
non volere altro.

Uccidere noi.

Uccidere lui.


*

da FRANCO, SETTEMBRE 1994

IV

[...]

Sollievo …

La strana dolcezza
poi di nuovo un lampo …

Anche lui, senza fede
sospettò

ecco il valico

disse

inaspettato –

sarà questo la carezza di Dio.


*

da L'ULTIMO VIAGGIO

Incantevole.

Nella casa
nascosta agli sguardi

leggeva la madre
il fumetto dei fantasmi.

O il bimbo

aver visto nella nebbia
un pomeriggio

il film Marcellino pane e vino.

Palazzi.

Cosa nascondono

cosa?

Blu – buio.

Perché nei bambini la paura del buio?

Non possono

non conoscono
la terra di nessuno.

Attesa
dal regno dei non-nati

nostalgia

tepore

si affollano a tarda notte
dietro le pietre i morti

e si rincorrono, poi

si richiamano

si destano.


*

DICEMBRE

È nebbia, la stazione all’alba.

Non-ritorno, non-incanto
studenti bellissimi impiegati operai

al regionale, dopo le sei,
prossimi, ora prossimi al cedro del Libano

(foglie marce, fogna, terra dei cani)

si apposta all’angolo,
indugia ad attenderli, lui a riconoscerli, a volerli

saremo alti, fummo pacificati.

Fari, sfarfallii biciclette autobus
tra i rami, sempre, rami millenari avi

i volti scomposti, nel buio
inarrestabili, inavvicinabili …

Un giorno sotto il sole si incamminarono,
lo dissero, non ritornarono.

Noi siamo, noi fummo

da dove giungi,

dove, dimmi, cos’hai veramente desiderato?

Saremo riconciliati,

ma hai tenerezza, ora

hai loro

hai questo spazio ...

Lo splendore ferito di Alfredo Rienzi.

La parola di Valentino Fossati possiede da sempre il grande potere di dilatare le dimensioni nelle quali si muove e che narra. Una proprietà rara, violenta e dolce al tempo stesso, che sfida e si confronta con l’ombra e con il male. Che non si arresta sull’orlo dell’abisso a contemplarne le oscurità, ma che vuole scavarne i dissesti ipogei, senza mai abdicare e rinnegare la luminosità che, per quanto nivea e gelida, talora sottratta e diradata, circonda, imbeve e si fa testimone e invocazione di se stessa.
Questa «tensione tra luci e ombre», tra «luce a buio» – già rimarcata nella nota del libro d’esordio di Fossati e dal suo stesso titolo, Gli allarmi delle stelle – non ha mai abbandonato né la superficie né tantomeno il nucleo del suo mondo poetico. E, al pari dell’ordito tra «sincerità e visione», ne ha segnato come landmarks il cammino letterario. Perfino: la necessaria crudezza della parola, a volte la durezza della narrazione, la dolente scurità delle vicende biografiche hanno, con scelta precisa e peculiare, indossato, come un mantello dalle tinte chiare e dai decori argentati, i titoli di delle raccolte: Gli allarmi delle stelle, La gioia, Inverno, Il sogno. E quest’ultima raccolta, Perché saranno neve, si conforma per questo aspetto, e non solo, a tale scelta, fasciando con l’evocativo e protettivo velo della neve un sottosuolo di memorie, ferite, urti, invocazioni e preghiere, speranze e sconforti, dove i grumi lemmatici e semantici di «notti» e «buio», «ombre» e «nebbie» s’addensano nei paesaggi esteriore e interiore.
La feroce esigenza della parola, e di tradurre in parola il proprio vivere, in senso esteso ma focalizzato soprattutto sulle dinamiche del proprio sentire e ricordare (ri-vivere), ha spinto Fossati, nel suo scrivere, a ingaggiare una battaglia tutt’ora aperta con l’esattezza del verbo e a esplorare incessantemente variazioni di forme e macrostrutture.
[…] Qui, in Perché saranno neve, si assiste alla compresenza dei differenti registri utilizzati, anche per i diversi periodi di composizione: la raccolta contiene sezioni e testi poetici germinati in massima parte attorno o poco dopo il 2015, con ultimi inclusi componimenti di fine 2022.
Prevalgono in ogni caso sequenze con la versificazione fratta e disseminata sulla pagina, ma meno accentuata che in Inverno […].
In tutta la raccolta e, in generale in tutta la poetica finora espressa da Fossati, il vero si impone, filtrato e reso con diverse gradazioni: si percepisce, si mastica, si respira. Vero, non solamente reale o realistico, verosimile o credibile. È l’incontro del lettore col poeta e del poeta con se stesso, implacabile, spinoso, sanguinante, luminoso. Del lettore e dell’ascoltatore, verrebbe da dire, perché questa scrittura e i suoi narrati indossano una più che esplicita potenza come monologhi, quali anche possono essere percepiti molti testi […].

Nella vicenda poetica di Valentino, accennavo all’inizio, avviene come una dilatazione, previa scomposizione e dispersione, dello spaziotempo. Una facile traccia, una specifica famiglia lessicale, tra le altre, costella quest’ultimo lavoro dell’autore, tracciando corona delle stagioni della vita, sia essa autobiografia o ricostruito “sogno”. L’età (che è spesso ricordo, o rielaborazione) dell’«infanzia», è nodale ed è la più visitata e raffigurata. Ma l’arco è estremo, a farsi cerchio, dai «non-nati», ai «bimbi» o «bambini», ai «fanciulli» o «ragazzi», al «giovane uomo» e alle «giovani spose», a «padre/i» e «madre/i», ai «vecchi» ai «morenti» e ai «morti».
Il vero che tuona nei fondali e che si fa nei versi realtà di cristallo o più spesso di granulare sabbia, non può eludere le ferite dell’infanzia e, dopo, delle altre stagioni dell’esistenza. Figure alte, o altissime sembrano contrapporsi a una condizione di minorità, ma l’infanzia di Fossati è sia limite sia segreto indecifrabile, paura del buio e regno della neve.
È mancanza del padre, dell’«uomo-fantasma» de Gli allarmi delle stelle, ma è anche, nel ricordo, promessa di splendore. Di uno splendore ferito.
Gli spazi candidi della neve, la soffusione di luce – atmosferica o metafisica – gli slarghi bianchi delle pagine, (dove le dita concavo-convesse delle parentesi sembra vogliano sottrarre ulteriore materia verbale) si fanno dominio dell’allusione e del non-detto, e la realtà – univoca nella mano di chi scrive – si fa, nel lettore, scenario del possibile e dell’immaginifico. Ma se questa sfocatura può costituire la regola, in alcune sequenze la parola è invece netta e tagliente, e contorna rappresentazioni inequivoche.
[…] Un’opera che sobbalza, intensa e senza pause, tra le parole-concetto «meraviglia», che apre il libro e «tenebra», che lo conclude, ma che in realtà, parafrasando il celebre passo evangelico giovanneo, non la possiede.


Valentino Fossati

Valentino Fossati è nato a Genova nel 1974. Si è laureato all’Università di Bologna e ha collaborato, tra il 1997 e il 2000, con il Centro di poesia contemporanea. Ha pubblicato scritti critici, articoli e curato pubblicazioni tra cui Leopardi nelle prose e nei versi (Garzanti, 1998) insieme a Davide Rondoni; Pasolini e la letteratura dell’impegno (Laterza, 1999) e Accademico di nessuna accademia (Marietti, 2010) con Guido Monti. In poesia sono usciti: Gli allarmi delle stelle (Marietti, 2007, Premio Città dell’Aquila “Laudomia Bonanni; Premio “Orta San Giulio” migliore opera prima), La gioia (Ladolfi, 2014), Inverno (CartaCanta, 2016). Nel 2018 viene pubblicata la revisione integrale de Gli allarmi delle stelle (CartaCanta, 2018, Premio Prato Poesia 2020). Il suo ultimo libro, con CartaCanta, esce nel gennaio 2022: Il sogno.

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