“A4 – una pagina”
su Quando Pippo volava di Raffaele Floris
(con Prefazione di Paolo Pera – puntoacapo, 2025 )
“Prima che tutto sfumi“
di Alfredo Rienzi
La lettura di Quando Pippo volava (poesie 2018-2024) di Raffaele Floris, pubblicato nel febbraio 2025 da puntoacapo Editrice nella storica collana “AltreScritture”, inaugurata nel 2010 con Sapienziali del compianto Gianmario Lucini) va preventivamente collimata col chiarimento che “Pippo” fu il nomignolo con cui gli abitanti di Pontecurone (paese natale e di residenza dell’autore, in provincia di Alessandria) e in generale di tutto il Nord Italia identificavano diversi tipi di aerei da bombardamento alleati che effettuavano attacchi notturni a bassa quota, sul volgere della Seconda Guerra Mondiale: un tempo le cui vicende «Non c’è più nessuno / che possa raccontarle, così come / accaddero davvero» perché «Tutto pian piano sfuma al chiaroscuro / limitrofo. Nel niente.» Questi versi conclusivi di Liliana – 1945 (p. 51) danno immediata corrispondenza con quanto in Nota dell’autore: «Queste poesie sono state ispirate dalle testimonianze [orali o epistolari] di chi ha vissuto quegli anni di guerra (O dei loro familiari)» (p. 57) e – opponendosi allo sfumare testé paventato – in modo «lodevole […] fissa con nobiltà di parola il “passaggio terrestre” di suoi conterranei […] quando non l’eroico sacrificio, sul campo o interno all’esperienza partigiana» (dall’introduttivo Ho visto Pippo volare di Paolo Pera, p. 6).
Estratti da due poesie ci aiuteranno, oltre cha a esemplificare quanto sopra accennato, a rintracciare alcuni elementi della poetica di Floris e di quest’ultima opera in particolare:
«Prima, sin dall’autunno,
quando giungeva il buio,
fu Pippo Bed-Check-Charlie
che, attraversando il cielo,
del coprifuoco, spense
tutte le luci. Un mito,
una leggenda, forse:
tende e finestre chiuse,
niente lanterne in casa.
[…]»
(Pippo – 1943, p. 23)
«Liliana aveva solo diciott’anni
quando finì la guerra.
Non conobbe la fame, quella vera,
[…]
Un granaio in comune
riempito di patate, a condizione
che ciascuno potesse
sfamarsi. Cose piccole, potrebbe
dire qualcuno che
non sa come fu duro quell’inverno,
e non c’è più nessuno
che possa raccontarle così come
accaddero davvero.
Tutto pian piano sfuma al chiaroscuro
limitrofo. Nel niente.»
(Liliana – 1945, p. 51)
Nel loro volgersi fluido, queste composizioni attestano come la scrittura di Raffaele Floris sia orientata, da sempre, a lavorare sulla precisione metrica e/o su forme chiuse: Pippo è, infatti, costituita da sei sestine di settenari sciolti, Liliana è uno dei due testi in distici di endecasillabi e settenari sciolti alternati.
Sul ventaglio di forme e registri impiegato da Raffaele Floris – che secondo me è uno dei migliori continuatori ammodernatori del sonetto – sarebbe doveroso approfondire, perché parlare della sua poesia, in generale, è anche parlare di tale aspetto, ma per motivi di spazio possiamo dare solo un sommario riscontro: ad eccezione di due testi in versi liberi e sciolti (pp. 17 e 20) nelle altre poesie sono riconoscibili diverse forme metriche e strofiche. Le soluzioni più frequenti consistono in poesie costituite da:
– ottave (da una a tre) di endecasillabi a rime (o assonanze) alternate (pp. 18, 19, 37 e 53-56);
– strofe uniche di endecasillabi sciolti (talora* con settenario finale) (pp. 39*, 41, 42, 43, 47*, 48* e 49);
– sei sestine di settenari sciolti variamente modulati (pp. 21, 23, 26, 28, e 30);
– sonetti (pp. 25, 33, 45 – declinati con ampio ricorso all’enjambements (che determina una estrema leggibilità con effetto sordina) o inserendo versi sciolti in vv. 1-2 e 5-6 (Italo, p. 35).
Altre presenze occasionali (quartine di endecasillabi sciolti, p. 52, o di ottonari sciolti, p. 50, o ancora un paio di poesie con endecasillabi e settenari alternati, p. 46 e 51) testimoniano l’abilità compositiva del poeta di Pontecurone, mai cristallizzato in soluzioni prevedibili.
L’abito versale raffinato viene usato, si noti, per vestire una materia che, invece, affronta temi umili e umanissimi, nel male e nel bene che ad esso resiste ostinato, ostinatamente inemendabili. Quando volava Pippo si offre come un diario popolare e parla anche direttamente con i volti dei protagonisti che affiancano alcuni testi poetici. Così il lettore può impattare nel carico emotivo ulteriore degli occhi – e delle loro differenti ma sempre giovani luci – di Cesare e di Gigi, di Lino e di Giuseppe. E dei loro destini, tra Mauthausen e fughe provvidenziali, torture di guerra e morti in battaglia. Non c’è retorica nelle memorie narrate da Floris che, modulando la narratività, evita le trappole “sentimentalesi”, devoto a un’asciutta vis che esalta dal ventre stesso dei fatti la drammaticità dei tempi e l’umanità dei loro protagonisti.
Un rivolo tematico, già accennato da Paolo Pera nell’introduzione, affiora dalla struggenza della lontananza – nei campi di battaglia o di prigionia – dalla casa e dagli affetti. Un desiderio che si fa quasi mito del ritorno:
«Io sogno i tuoi capelli, o dolce amore, / sogno i tuoi sogni, sogno il mio ritorno», p. 18;
«la fame aumenta, / con la paura di non poter tornare. / Ma io, mia cara, tornerò, lo sento», p. 19;
«Sogno il mio ritorno / con un eccesso quasi allucinato / come se fosse proprio questo il giorno», p. 55.
Ritorno he talora avverrà («anche se chi ritorna / non ritorna davvero») riportando con il protagonista la testimonianza, tal altra no (come nel caso del soldato brasiliano o di Giuseppe «crivellato / di colpi»), ma che in entrambi i casi – per voce diretta o per traccia scritta – attraverso la paziente attenzione dei tanti concittadini e dell’eccellente parola di Raffaele Floris nutrirà la memoria di un’epopea, prima che tutto sfumi.
Raffaele Floris (Pontecurone 1962) è incluso nell’Antologia della poesia in Piemonte e Valle d’Aosta (puntoacapo 2012) e nell’Antologia della poesia in provincia di Alessandria (ivi 2014), nell’Antologia di micronarrativa In poche parole (ivi 2023) e in vari blog e riviste letterarie online. Pubblicazioni di poesia: Il tempo è slavina (Lo Faro 1991); L’ultima chiusa (Joker 2007); Mattoni a vista (puntoacapo 2017); Senza margini d’azzurro (ivi 2019); La macchina del tempo, ivi 2022); Pansele în păhar. Viole nel bicchiere, quindici poesie tradotte in lingua rumena (Cosmopoli ed. 2023). Narrativa: La croce di Malta (romanzo breve, puntoacapo 2013); L’òm, l’aşi e ‘r pulóu (detti, proverbi e filastrocche in dialetto pontecuronese, con cenni di grammatica, PiM 2016.





