a cura di Daniel Calabrese

5 poesías extraídas de Sobre esta misma nieve de Aixa Rava.
© De las traducciones: Silvia Rampogna y Anisia Bianchini (poemas de Sobre esta misma nieve) y Alessio Fantin (Música de fauna y tocadiscos), egresados del Máster en Lenguas, Literaturas y Traducción Española de la Universidad de Udine.

traduzione di Silvia Rampogna e Anisia Bianchini (poesie di Su questa stessa neve) e Alessio Fantin (Musica di fauna e giradischi), laureati in Lingue, Letterature e Traduzione Spagnola all’Università degli Studi di Udine.

Su questa stessa neve |Sobre esta misma nieve

Barda

Non sento altro che la voce
del vento,
lo vedo distruggere
istanti come frutta secca.
La valle – un inferno verde
ci fa sprofondare in questo deserto
e sono due
i corsi d’acqua che irrigano il tuo profilo vermiglio.

Ho percorso quella pelle molte volte,
mi sono impigliata tra piante di alpataco1
e ho dato la mia carne alle spine.
Ho calpestato – e sono scivolata
sulle tue singole pietre
e l’osso di qualche coccodrillo
radicato nel tuo ventre.
Dal belvedere, presso il canale della città
e il viale, ho visto estendersi il campo da golf
—un’altra conquista
sulla tua parte addormentata.
Mi sono sentita libera nelle tue vene
—credo di essermi sentita anche prigioniera
e me ne sono andata prima di morderti di più le unghie,
un tentativo vorace
di sfuggire alla pazzia.

Barda

No escucho más que la voz
del viento,
la veo quebrar
instantes como frutos secos.
El valle —un infierno verdenos hunde en este desierto
y son dos
los cauces que irrigan tu perfil bermejo.

Yo corrí esa piel muchas veces,
me enredé entre alpatacos
y le di mi carne a las espinas.
Pisé —y resbalé
tus piedras sueltas
y el hueso de algún cocodrilo
enraizado en tu vientre.
Desde el mirador, junto al canal de la ciudad
y la avenida, vi extenderse el campo de golf
—otra conquista
sobre tu parte dormida.
Me sentí libre en tus venas
—creo que también me sentí presa
y me fui antes de morderte más las uñas,
un intento voraz
de escaparle a la locura.

**
La traccia

Rimasi
nella cosiddetta —fase della bambina
il ritornello
guardando l’albero
salendoci
strisciandoci
unendolo al tempo.
Nell’ultimo istante trovai
la spirale infinita dei ricordi
come un verme che più e più volte
calpesta la traccia di sé stesso.

Così, tutto il pomeriggio
dopo che te ne sei andato

El rastro

Me quedé
en esa llamada —etapa de la niña
il ritornello
mirando el árbol
subiéndolo
reptándolo
uniéndolo al tiempo.
En el instante último encontré
el bucle infinito de los recuerdos
como un gusano que una y otra vez
pisa el rastro de sí mismo.

Así, toda la tarde
después de que te fuiste.

**
Neve

L’ultima volta che toccai la neve
le mie mani ricevettero le particelle
minuscole dell’altra
che una volta odiai.
Una palla di neve è come una sfera di cristallo:
posso vedere attraverso le strade bianche
le gambe sepolte fino al ginocchio
i tetti coperti, i rami abbattuti
le impronte ondeggianti, fangose
delle macchine e dei camion.
Posso vedere anche le serate
di gioco in casa:
la danza in salotto
il montaggio sulle scale
mamma che tesse e beve il mate e ci guarda.
Una solitudine plumbea entra dalle finestre,
papà è lontano, nei campi
imprime su questa stessa neve
la marca dei suoi stivali.
La nutria che accudiamo è tra le mie braccia,
caldo il corpo si gonfia e si sgonfia,
ci guarda finché non si addormenta e il nevischio
si fonde con le voci dei Sui Generis2 2 .
Le mie mani acclimatate si accoppiano col mantice,
l’ultima volta che toccai la neve
sentì la mancanza di quel folto pelo
per sentirlo di nuovo lasciai
che mi bruciasse il freddo.

Nieve

La última vez que toqué la nieve
mis manos recibieron las partículas
minúsculas de aquella otra
que alguna vez odié.
Una bola de nieve es como una bola de cristal:
puedo ver a través las calles blancas
las piernas enterradas hasta la rodilla
los techos cubiertos, las ramas vencidas
las huellas cimbreantes, barrosas
de los autos y camiones.
Puedo ver también las tardes
de juego en casa:
la danza en el living
el montaje en la escalera
mamá que teje y toma mates y nos mira.
Una soledad plomiza entra por las ventanas,
papá está lejos, en el campo
imprime sobre esta misma nieve
la rúbrica de sus borcegos.
La nutria que cuidamos está en mis brazos,
caliente el cuerpo se hincha y retorna,
nos mira hasta que se duerme y la nevisca
se funde con las voces de Sui Generis.
Mis manos aclimatadas se acoplan al fuelle,
la última vez que toqué la nieve
eché en falta ese pelaje denso
por sentirlo otra vez dejé
que me quemara el frío.

**
Armatura

Sotto all’albero mi culla
come il vento con i rami quel pomeriggio
che affrontai papà.
Abile nel sostegno di quattro figli
le sue braccia circondano la mia schiena
intreccia le mani
e ci bilanciamo entrambe
un cestino umano.
Mi dice Non rispondergli, figlia mia…
parole che posso capire
e affondiamo nelle liti del corpo
e della mente
come se volessimo giustificare
rivolte e sottomissioni.
Così, la vita-contenuta, la casa-campo-minato
il linguaggio-ago e questi fili che
si intrecciano e non si spezzano.

Mamma, ancora non imparo
e mi rinchiudo nell’abbraccio
sotto l’albero, la ninna nanna del fiume.
A volte l’armatura
sembra un guscio
e si rompe.

Armadura

Debajo del árbol me arrulla
como el viento a las ramas esa tarde
que me enfrenté a papá.
Diestra en el sostén de cuatro hijos
sus brazos rodean mi espalda
entrelaza las manos
y nos balanceamos las dos
una canasta humana.
Me dice No le contestes, hija…
palabras que puedo entender
y nos hundimos en las lides del cuerpo
y de la mente
como queriendo justificar
levantamientos y sumisiones.
Así, la vida-contienda, el hogar-campominado
el lenguaje-aguja y estos hilos que
se enredan y no se cortan.

Madre, todavía no aprendo
y me encierro en el abrazo
debajo del árbol, al arrullo del río.
A veces la armadura
se parece a un cascarón
y se parte.

**
I luoghi del mio corpo

Assediare ha impronta latina
e la sua forma replica quella di una muraglia.
Assediare è azione collettiva, individuale, azione umana.
Assediasti una parte minuscola, pavimento del mio bacino.
Assediai interamente la corteccia in cui alloggiò il ricordo.
Assediammo i momenti liberi, le notti di zelo
ogni vocabolo dolce, ogni veleno.
A poco a poco circondati
i luoghi del mio corpo.
No, non l’ho fatto da sola
non posso affrontare da sola così tanto
territorio vivo.

Los sitios de mi cuerpo

Sitiar tiene impronta latina
y su forma replica la de una muralla.
Sitiar es acción colectiva, individual, acción humana.
Sitiaste una parte minúscula, suelo de mi pelvis.
Sitié entera la corteza donde se alojó el recuerdo.
Sitiamos los ratos libres, las noches de celo
cada vocablo dulce, cada veneno.
Poco a poco cercados
los sitios de mi cuerpo.
No, no lo hice sola
no puedo sola con tanto
territorio vivo.

**
Un prima

Una volta mi raccontò del padre.
Preparò un tè alla curcuma e zenzero
e ci sedemmo a immaginare un prima:
la barca salpando da Treia
il bimbo senza sorella né madre,
la terra nuova e la promessa
di una vita migliore fuori dall’Italia.
Racconta della mancanza e dei castighi
con le unghie raccoglie briciole dalla tovaglia,
racconta del dolore e di ciò che è stato perso
anche fili di tristezza si insinuano.
Tutta la memoria macera nella tazza
il tempo e il silenzio ora ci separano.
Dice mio papà ed è di nuovo bambina
mi chino fugace, posso solo abbracciarla.

Un antes

Una vez me contó del padre.
Hizo un té de cúrcuma y jengibre
y nos sentamos a imaginar un antes:
el barco zarpando de Treia,
el niño sin hermana ni madre,
la tierra nueva y la promesa
de una vida mejor fuera de Italia.
Cuenta de la falta y de los castigos
—pica con las uñas migas del mantel,
cuenta del dolor y de lo perdido
—hebras de tristeza se cuelan también.
Toda la memoria macera en la taza,
el tiempo y el silencio ahora nos separan.
Dice mi papá y es de nuevo una niña,
me inclino fugaz, sólo puedo abrazarla.

**
Amuleto

La bambolina giace in una buca
non la recupero, non la voglio
toccare.
La bambolina di pezza
—così senza gesto
mi ricorda una ragazzina di un’altra epoca
—così senza mani
una bambina che non poteva accarezzare
—così senza volto
senza occhi
senza bocca
mi ricorda che non poteva dire
mostrare, guardarsi
—così, con le braccia corte
incapace di comporre un abbraccio
con le gambe corte
senza piedi
incapace di correre, camminare, spostarsi.

La bambolina regalo di un gioco amore
di una festa girotondo
la sotterro con tutte le memorie

rimango con la parola che apre
maestra
invece di cuciture, la vita nuova.

Amuleto

La muñequita yace en un agujero
no la rescato, no la quiero
tocar.
La muñequita hilada
—así sin gesto
me recuerda a una piba de otra época
—así sin manos
una niña que no podía acariciar
—así sin rostro
sin ojos
sin boca
me recuerda que no podía decir
mostrar, mirarse
—así, de brazos cortos
incapaz de componer un abrazo
de piernas cortas
sin pies
incapaz de correr, andar, mudarse.

La muñequita regalo de un juego amor
de una ronda fiesta
la entierro con todas las memorias

me quedo con la palabra que abre
maestra
en lugar de costuras, la vida nueva..

Marisa Martínez Pérsico, Musica di fauna e giradischi

Su questa stessa neve racchiude, già a partire dal titolo, una contraddizione apparente che funziona come combustibile per la fabulazione lirica: le proprietà fisiche della neve sono simboliche. Qualunque cosa si provi ad appoggiare sulla neve fisica risulterebbe poco durevole, ma per la poetessa è proprio la neve quella lente che permette di vedere la realtà a lungo termine, quel mezzo privilegiato della memoria, quel risveglio immediato dell’evocazione, quel senso del presente e del futuro: “Una
palla di neve è come una sfera di cristallo: / posso vedere attraverso le strade bianche […] le impronte ondeggianti, fangose […] Posso vedere anche le serate / di gioco in casa: […] mamma che tesse e beve il mate e ci guarda”.
Aixa Rava costruisce un mondo onirico dove la delicatezza convive con la primitività nella tensione quotidiana di un io che vive in un paesaggio immenso, inarrivabile, a tratti indomabile. La sua poesia è un contrappunto di ghiacciai, nevischio, vallate, pioppi protettori, frutti di bosco, faggi elevati —le querce della Terra del Fuoco conosciute come faggio australe o quercia bianca—, piante del rosario, olivelli spinosi (carrube), e interni domestici: la cerimonia del fare il pane, la preparazione del mate, le discussioni con il padre, gli incontri amorosi e le loro delusioni.
Questo sguardo plurale sul paesaggio umano e naturale, che riunisce in modo efficace gli spazi dell’immensità patagonica (Terra del Fuoco, Neuquén) con i microclimi intimi, dà luogo ad una voce personale e a tratti inquietante che indaga tra l’alienazione e la familiarità. La tensione di questi incroci è stata esplorata dalla letteratura argentina durante il ventesimo e il ventunesimo secolo: dalla narrativa di Julio Cortázar e Silvina Ocampo fino a quella di Marianna Enríquez, e nella poesia recente, come nel caso di Andrea López Kosak in Animales de costumbre (2021). Aixa Rava si inserisce, quindi, in una prolifica tradizione nazionale e introduce un andamento proprio nel trattamento di questi argomenti.
Ampie riflessioni territoriali si sommano alle scene domestiche e all’idea di erranza: la migrazione interna, individuale, all’interno della stessa Patagonia argentina, e la migrazione intercontinentale, ancestrale e familiare, con una nave metaforica partendo da un popolo dell’entroterra, situato nella regione italiana delle Marche. Il poema “Un antes” evoca gli antenati italiani: “Ha fatto un tè alla curcuma e zenzero / e ci sedemmo a immaginare un prima: / la barca salpando da Treia / il bimbo senza sorella né madre, / la terra nuova e la promessa / di una vita migliore fuori dall’Italia”. Sono costanti i riferimenti agli spazi della nascita e delle radici: la Terra del Fuoco con la sua insularità conflittuale (l’isola può essere un carcere dove sentirsi al contempo libera e imprigionata) e la sensazione di “sentirsi vuota” dopo il trasferimento in un’altra terra patagonica distante, la “nuova casa” di colline colorate, Neuquén, terra delle mele. Aixa Rava crea una poesia con una proiezione verso l’interno e verso l’esterno. Ci rivela uno sguardo personale, lirico e intimista su un territorio affascinante, la Patagonia.


Marisa Martínez Pérsico, Música de fauna y tocadiscos

Sobre esta misma nieve encierra, ya desde el título, una contradicción aparente que funciona como combustible para la fabulación lírica: las propiedades físicas de la nieve son simbólicas. Poco durable sería todo lo que intentara apoyarse en la nieve material, pero para la poeta es precisamente la nieve esa lente para ver la realidad a largo plazo, el vehículo privilegiado de la memoria, el despertar inmediato de la evocación, sentido del presente y del porvenir: «Una bola de nieve es como una bola de cristal: / puedo ver a través las calles blancas […] las huellas cimbreantes, barrosas […]
Puedo ver también las tardes / de juego en casa: […] mamá que teje y toma mates y nos mira».
Aixa Rava construye un mundo onírico donde lo delicado convive con lo salvaje en la tensión cotidiana de un yo que habita un paisaje inmenso, inabordable, por momentos indócil. Su poesía es un contrapunto de glaciares, neviscas, valles, álamos protectores, frambuesos, altas lengas —los robles de Tierra del Fuego conocidos como haya austral o roble blanco—, plantas rosario, espinosos alpatacos (algarrobas), y los interiores domésticos: la ceremonia de hacer el pan, la cebadura del mate, las discusiones con el padre, los encuentros amorosos y sus desengaños. Esta mirada plural sobre el paisaje humano y natural, que reúne eficazmente espacios de la inmensidad patagónica (Tierra del Fuego, Neuquén) con microclimas íntimos, da lugar a una voz personal y por momentos inquietante que bucea entre el extrañamiento y la familiaridad. La tensión de estos cruces ha sido explorada por la literatura argentina durante los siglos XX y XXI: desde la narrativa de Julio Cortázar y Silvina Ocampo hasta la de Mariana Enríquez, y en la poesía reciente, como es el caso de Andrea López Kosak en Animales de costumbre (2021). Aixa Rava se inserta, entonces, en una prolífica tradición nacional e introduce un giro propio en el tratamiento de este asunto.
Reflexiones territoriales amplias se suman a las escenas domésticas y a la idea de errancia: la migración interna, individual, dentro de la misma Patagonia argentina, y la migración intercontinental, ancestral y familiar, con el barco metafórico partiendo
desde un pueblo del interior (dell’entroterra) situado en la región italiana de Marche. El poema «Un antes» evoca a los antepasados italianos: «Hizo un té de cúrcuma y jengibre / y nos sentamos a imaginar un antes: / el barco zarpando de Treia, / el niño sin hermana ni madre, / la tierra nueva y la promesa». Son constantes las menciones a los espacios del nacimiento y del arraigo: Tierra del Fuego con su conflictiva insularidad (la isla puede ser cárcel donde sentirse libre y presa a la vez) y la sensación de «estarse vacía» tras mudarse a otra tierra patagónica distante, el «hogar nuevo» de cerros colorados, Neuquén, tierra de las manzanas. Aixa Rava construye una poesía con despliegue hacia adentro y hacia afuera. Nos revela una mirada personal, lírica e intimista de un territorio fascinante, la Patagonia.


Aixa Rava (Tierra del Fuego, Argentina, 1982). Professoressa di Lettere (Università Nazionale del Comahue), scrittrice e direttrice della casa editrice Tanta Ceniza Editora.
Vincitrice della borsa Can Serrat e della borsa Faberllull Olot per le residenze di scrittura in agosto e novembre 2022. Ha pubblicato i libri di poesia Barda (2014), La luce non si taglia come la carta (2016), I luoghi del mio corpo (2019), Nel cortile cresce una pianta rosario (2021), l’antologia Su questa stessa neve (2022) e Godai. Il libro del manifesto (2023). Fa parte delle antologie nazionale e internazionale come Rumiar. Volumen I (Rumiar Editorial, 2018), Poesía Neuquén (2020), Camellia. Mujeres que toman té (2021), Flor del Espinillo XXI (2021), Paisajes del interior. Antología de mujeres poetas de la Patagonia (Isla Negra Editores, 2021), Mujer y escritura en la Argentina actual (PEN Argentina, 2022) e Antología de Poetas Argentinas 1981-2000 (2022), Un fulgor distinto. Autoras contemporáneas de la Isla Grande de Tierra del Fuego (2025).

Aixa Rava (Tierra del Fuego, 1982). Profesora en Letras por la Universidad Nacional del Comahue, escritora y directora del sello editorial Tanta Ceniza Editora. En 2022 obtuvo las becas Can Serrat y Faberllull Olot. Publicó Barda (2014), La luz no se corta como el papel (2016), Los sitios de mi cuerpo (2019), En el patio crece una planta rosario (2021), Sobre esta misma nieve (2022) y Godai. El libro de lo manifiesto (2023 y 2024), por el que recibió las becas antes mencionadas. Forma parte de las antologías
Poesía Neuquén (2020), Camellia. Mujeres que toman té (2021), Paisajes del interior.
Antología de mujeres poetas de la Patagonia (2021), Campo. 100 poemas sobre la tierra de 100 poetas argentinxs (2022), Mujer y escritura: 35 autoras argentinas de hoy (2022), Poetas Argentinas (1981-2000) (2022), Panorama contemporáneo de la poesía
de Neuquén (2023) y Un fulgor distinto. Autoras contemporáneas de la Isla Grande de Tierra del Fuego (2025).


Marisa Martínez Pérsico (Buenos Aires, Argentina, 1978) sì è laureata in Lettere all’Università di Buenos Aires e ha conseguito il dottorato di ricerca in Filologia Ispanica a Salamanca (Spagna). Dal 2010 si è stabilita in Italia ed è ricercatrice di Lingua, traduzione e linguistica spagnola all’università degli Studi di Udine. Ha pubblicato diverse opere e antologie poetiche tra cui: Las voces de las hojas (1998), Poética ambulante (2003), Los pliegos obtusos (2004), La única puerta era la tuya (2015), El cielo entre paréntesis (2017), Finlandia (2021), Principios y continuaciones (2021), Las cosas que compramos en los viajes (2022), Los parques interiores (2023).
La sua poesia è stata parzialmente tradotta in inglese, italiano, russo, albanese, portoghese, francese e cinese. Ha partecipato a diversi festival internazionali in Asia, Europa e America Latina. Grazie all’programma SUR di aiuti alla traduzione in lingue straniere del governo argentino sono usciti in Italia Il cielo tra parentesi e Finlandia. L’orlo della notte (2023) è la sua prima autotraduzione in italiano.

Marisa Martínez Pérsico (Buenos Aires, Argentina, 1978). Egresada de la carrera de Letras por la Universidad de Buenos Aires y Doctora en Literatura Española e Hispanoamericana por la Universidad de Salamanca. En 2010 se radicó en Italia, donde se desempeña como docente de Lengua y Traducción Española en la Università degli Studi di Udine. Ha publicado diversas obras y antologías poéticas, entre ellas, Las voces de las hojas (1998), Poética ambulante (2003), Los pliegos obtusos (2004), La única puerta era la tuya (2015), El cielo entre paréntesis (2017), Finlandia (2021), Principios y continuaciones (2021), Las cosas que compramos en los viajes (2022) y Los parques interiores (2023). Su poesía ha sido traducida al inglés, italiano, ruso, albanés, portugués, francés y chino.


© Delle traduzioni: Silvia Rampogna e Anisia Bianchini (poesie di Su questa stessa neve) y Alessio Fantin (Musica di fauna e giradischi), laureati in Lingue, Letterature e Traduzione Spagnola all’Università degli Studi di Udine.
© De las traducciones: Silvia Rampogna y Anisia Bianchini (poemas de Sobre esta misma nieve) y Alessio Fantin (Música de fauna y tocadiscos), egresados del Máster en Lenguas, Literaturas y Traducción Española de la Universidad de Udine.


in copertina: foto di Adolfo Rozenfeld

  1. Specie arborea leguminosa tipica del Sud America. ↩︎
  2. Noto duo di musica rock argentina, la cui fama maggiore risale agli anni Settanta. ↩︎

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