a cura di Rosanna Frattaruolo
Annalisa Ciampalini della poesia dice
Credo di poter affermare che la poesia mi accompagna fin dall’infanzia, quando il mondo poetico, almeno per me, era confinante con quello delle favole e della natura, somigliava al mondo reale, ma era un po’ più bello, pieno di cose stupefacenti, di conversazioni e presenze immaginarie soprattutto durante l’inverno. Adesso la poesia continua a far parte della mia vita in modo diverso, ma per fortuna conserva le caratteristiche di leggerezza, immaginazione e affetto che possedeva quando ero piccola. Per anni, già da adulta, ho letto e provato a scrivere poesia completamente da sola, e quando mi sono imbattuta nei poeti contemporanei ho scoperto un mondo nuovo, un uso del linguaggio che non avevo conosciuto durante il liceo.
In questo momento della mia vita il mondo poetico è sempre più grande, consistente e vario, in esso ci sono poeti e amici che apprezzo moltissimo, il loro modo di vivere la poesia, e di vivere in generale.
La sua poesia ci dice
da Le distrazioni del viaggio, Samuele editore, 2028 pref, di Monica Guerra
A volte basta allontanarsi dall’origine
per scompigliare i disegni, e ci sentiamo
cancellati nel pensiero degli altri. C’è
poi chi viaggia e resta sempre allo stesso
muro -un fuoco arde nella cavità
domestica – e tiene calde le mani
in un’area popolata ed eterna.
*
da Tutte le cose che chiudono gli occhi (peQuod, 2022, pref, di Valeria Serofilli
La fragilità sta nel verso che non dura
scriverlo su carta
voltarsi per leggerlo di nuovo
e il segno muore.
Il verso frontale volitivo e pieno
la parola stretta sotto la palpebra che duole
e poi il vuoto.
A lato, tutto ciò che respira
e amorosamente vive nella tensione del presente
da me discorde, spalancato
fioritura piena, occhio distratto
che mi vede passare
*
Se ne vanno da queste case basse
con zaini leggeri e una fame d’alta quota.
Abbandonano il letto ancora caldo
l’idea di una piccola terra
che a notte si chiude.
Nelle sere di neve, con le luci lontane
il desiderio di celebrarli
si diffonde nella stanza condivisa.
Eppure, qui non lasciano nulla
se non i loro visi bellissimi
su uno sfondo lontano
di luce fissa e giornate gloriose.
Dicono di lei e della sua poesia
Giancarlo Sissa, Un tempo umile / uno splendore, recensione su ytaly, 23 agosto 2022
Quarta raccolta dopo L’istante si dilata (2008), L’assenza (2014) e Le distrazioni del viaggio (2018), Tutte le cose che chiudono gli occhi (2022), rispettato l’intervallo di quattro anni che separa un libro dall’altro – e che testimonia di una scrittura governata dalla cura e dalla ponderatezza e avulsa dunque da frette e smanie – ci consegna il punto d’arrivo, provvisorio ma certo, di una scrittura in versi di elegante compostezza e di serena severità anche formale. L’estrema pulizia del dettato poetico di Annalisa Ciampalini è infatti senza dubbio il più corretto strumento, oltre che il più affidabile posizionarsi rispetto alle possibilità stilistiche, per dire e raccontare l’esperienza vissuta, sia di dolore o luce, e per restituirla illimpidita, bonificata, incontrabile (come potrebbe essere nelle intenzioni della madre sufficientemente buona di Wilfred Bion) al lettore attento.
Alfredo Rienzi, Le forme del tempo e dello spazio in “Tutte le cose che chiudono gli occhi”, di Annalisa Ciampalini, recensione su Di sesta e di settima grandezza” il 19/07/2024
Nella prima sezione, Stagioni in prestito, una dozzina di testi che già svelano le modalità di scrittura di tutta la raccolta, la misura leggera del respiro, l’uso accorto della parola, l’intensità semantica di ogni componimento, le stagioni in realtà, si riconducono al singolare dell’inverno, quando il «cielo è basso per noi». L’inverno, in un efficace verso, infatti, è un «modo di vedere». Una profonda distanza tra lo spaziotempo «per noi» (dove i «luoghi sono piccolissimi», la nostra è una «effimera presenza», il «tempo [è] sottile») e una dimensione altra di «un tempo deciso oltre il cielo» e di «uno spazio più grande», «vasto». Sembra tra questi due ordini di grandezza di cogliere, come sulla scala di Giacobbe, oltre la distanza, anche l’alleanza tra «la mia preghiera» e un «comando lontano», qualcosa «che scenda ora, ora, tra le cose basse». In questa delicata verticalità, dall’aura sacrale, controcanta l’insistita danza duale di «oscurità» e di – dominanti – «chiarori», bianchi, luci, lumi, fuochi. Bianco che, allusivamente, si forma «dentro gli occhi». E che nel prosieguo dell’opera assumerà una luce sempre più preponderante.
Francesca Innocenzi, recensione su Poesia del nostro tempo, il 28/07/2024
Tra le pagine della raccolta l’io poetante, confinato nella piccolezza, contempla dal suo stretto pertugio l’infinità del Tutto, riconoscendosi nelle epifanie degli oggetti esteriori. Anche quando si esprime alla prima persona plurale, è definito da dimensioni esigue, in opposizione alla vastità indifferenziata di quanto è altro da sé. Una via possibile sta proprio nel commisurare sé e le cose, tanto che la percezione dell’assenza si connette all’incommensurabilità del vuoto.
La parola poetica accompagna una progressiva chiarificazione, una rivelazione, uno svelamento, e riflette intorno ai cardini dell’esistenza, specificamente sulla dimensione temporale (nelle sezioni Stagioni in prestito e Forme del tempo) e su quella spaziale (nelle sezioni Il posto e La stanza condivisa). Il tempo si manifesta nell’evoluzione lenta e insondabile dell’essere; è il lungo istante dell’attesa, della sospensione. La ricorrente immagine della luce è significativamente intrecciata all’idea della precarietà, a simboleggiare la difficoltà di trattenere quei barlumi di consapevolezza che si fanno, di tanto in tanto, catturare. Lo spazio si identifica in un luogo ora circoscritto e misurabile, ora fluido e mutevole come un corso d’acqua, contrassegnato dai tratti dell’ancestralità, al di fuori di ogni coordinata geografica. Persiste la continua dialettica stasi/scorrimento, tra crescite e lontananze e la tensione della poesia a sconfinare nell’ignoto, in quella sintesi di corpo e spirito che costituisce l’essere umano.
Annalisa Ciampalini e e i suoi poeti
Tutti i poeti che ho letto attentamente sono stati molto importanti per me. L’esercizio della lettura è fondamentale perché è il tempo in cui si sviluppa la relazione tra il lettore e l’autore.
Se non riesco a portare a termine la lettura di un libro può essere perché sono disorganizzata, oppure perché la relazione citata sopra stenta a prendere il via. Nel caso in cui la lettura prosegua, probabilmente si stabilirà una forma di amicizia tra me e il poeta, un’amicizia che mi consente di attraversare mondi che non sono miei, ma che posso toccare. Per questo motivo ho molti poeti che amo, e tra questi, alcuni non sono nemmeno molto famosi; qui menzionerò solo i poeti non viventi e noti a tutti: Omero, Dante, Leopardi, Emily Dickinson, Montale, Sereni, Louise Glück, Tomas Tranströmer, Margherita Guidacci, David Maria Turoldo. Tra i viventi l’elenco è molto lungo e per fortuna sta crescendo. I poeti che ho ricordato sono fondamentali, ma accanto ad essi vi è un gruppo di scrittori di prosa che hanno contribuito ad arricchire lo spazio dell’immaginazione, che cercano di farmi capire quando una frase è consistente oppure poco vera.
In dono ad Annalisa e ai lettori di Il Tasto Giallo, di Tomas Tranströmer, Marzo ’79, tradotta da Franco Buffoni e inclusa in F. Buffoni, Songs of Spring. Quaderno di traduzioni, Marcos y Marcos 1999.
Stanco di tutto ciò che viene dalle parole, parole non linguaggio,
Mi recai sull’isola innevata.
Non ha parole la natura selvaggia.
Le sue pagine non scritte si estendono in ogni direzione.
Mi imbatto nelle orme di un cerbiatto.
Linguaggio non parole.
Annalisa Ciampalini è nata a Firenze nel 1968 e lavora a Empoli, dove risiede. Ama da sempre la poesia e la matematica, la musica e la natura. Nel 2008 ha pubblicato la raccolta L’istante si dilata con Ibiskos Editrice, nel 2014 la raccolta L’assenza edita da Ladolfi Editore. Nel 2018 pubblica Le distrazioni del viaggio con Samuele editore, libro tradotto in spagnolo da Antonio Nazzaro. Suoi contributi appaiono su diverse antologie edite da Fara editore. Insieme a Giancarlo Stoccoro ha contribuito al libro Pierino Porcospino e l’analista selvaggio (ADV Publishing House 2016) volume che raccoglie testi di diversi autori. Nell’aprile 2022 pubblica Tutte le cose che chiudono gli occhi (peQuod, collana portosepolto diretta da Luca Pizzolitto). Cura la rubrica It’s friday sul blog farapoesia e insieme e Luca Pizzolitto dirige il blog bottega postosepolto. Dal 2017 frequenta la scuola “La poesia è di tutti” diretta da Massimilano Bardotti.





