di Alfredo Rienzi


La vicenda poetica, filosofica e gnoseologica di Girolamo Comi (1890 – 1968) ha avuto un andamento peculiare, caratterizzato da una fase iniziale ricerca spirituale orientata verso un esoterismo dai riferimenti antroposofici steineriani a da una successiva conversione al cattolicesimo tradizionale. Nella sua produzione poetica si riflette piuttosto chiaramente questo passaggio.
«Girolamo Comi occupa una posizione a sé stante nel panorama della letteratura italiana del Novecento» – così, lapidariamente, A. L. Giannone e s. Giorgino, curatori del volume Girolamo Comi. Poesie (Musicaos Editore, 2019), introducono l’itinerario del Nostro, proseguendo: «Estraneo a tutte le correnti e le tendenze poetiche del secolo scorso, ha condotto per tutta la vita una coerente, solitaria, ardua ricerca di tipo spirituale, rifiutando il mestiere del letterato, incurante della notorietà e del successo. Ha pubblicato le sue opere in autoedizioni quasi sempre in numero assai ridotto di esemplari che hanno avuto perciò scarsissima diffusione non solo tra i lettori ma anche tra gli addetti ai lavori[1]». Al momento della raccolta d’esordio, Il lampadario[2], pubblicata a sue spese nel 1912 a Losanna[3], e successivamente rinnegata, si era già interessato alle teorie antroposofiche di Rudolf Steiner. In una recensione sul “Mercure de France”, ad opera del critico Ricciotto Canudo, fu notata dal recensore «l’intrinseca affinità del C. con un gruppo di poeti, tra i quali l’Onofri, attivi in quel periodo a Roma […] L’accostamento è indicativo in quanto il C. non aveva alcun contatto con l’ambiente romano, e l’incontro con Onofri avverrà solo alcuni anni più tardi[4]». Del particolare clima di ricerca poetica ed esoterica in Roma, negli anni ’20, ho già dettagliato nel precedente articolo Una volontà solare: Arturo Onofri, Oso e la rivista UR, dal quale riporto un breve, ma necessario, passaggio:
«A Roma, il 22 febbraio 1897, viene fondata la prima loggia italiana (…) dell’Associazione Teosofica. […]. Nel prezioso volume Julius Evola. Arturo Onofri. Esoterismo e poesia[5] è ben delineata la situazione dei gruppi teosofici e antroposofici nella capitale, negli anni Venti: “Se molti seguaci dello Steiner furono inizialmente teosofi, Onofri non ebbe nulla da spartire con il movimento anglo– indiano. Da quando, sul finire del 1917, trovò in Rudolf Steiner il Maestro, il suo itinerario spirituale divenne da subito chiaramente inscrivibile entro la Scienza dello Spirito ad indirizzo antroposofico.” […] i legami tra l’autore di Terrestrità del sole e gli altri ambienti non strettamente antroposofici – e nemmeno solo teosofici – è testimoniata dalla presenza di scritti di Onofri sulla rivista di scienze esoteriche “UR”. […] La rivista UR rappresentò negli anni 1927-1928 (nel 1929 si chiamerà KRUR) la testimonianza del “Gruppo di Ur”, un circolo esoterico attivo dal 1927, fondato proprio da Julius Evola […] e tra i suoi appartenenti, per quel che interessa le vicende della poesia italiana del Novecento, annoverava appunto Arturo Onofri, Girolamo Comi e Nicola Moscardelli. Per i contributi alla rivista – e, si presume, alle attività del Gruppo – i membri utilizzavano un nome simbolico, per il principio dell’impersonalità attiva: Onofri si sarebbe firmato come Oso[6]».
Aggiungiamo qui che Comi contribuì alla rivista Krur (nell’edizione del 1929) utilizzando il nome simbolico “Gic”, con alcune parti della sua poesia Cantico del tempo e del seme, che verrà pubblicata l’anno successivo e che segna, probabilmente, il confine tra la prima stagione, esoterico-antroposofica e la successiva di conversione cattolica.
La stagione “esoterica”, quindi, per adottare un sommario didascalismo, si era riflessa poeticamente nelle raccolte: Lampadario (1920), I Rosai di qui (1921), Smeraldi (1925) e Boschività sotterra (1927), che vengono antologizzate dallo stesso autore nel volume Poesia (1918-1928)[7], ove non è più considerata la raccolta d’esordio del 1912, ma che include 25 liriche nuove e il Cantico dell’albero. Poesia, del 1929, rappresenta, di fatto, il compendium della della fase “cosmica” della poesia comiana come venne definita da Sergio Solmi in una chiara recensione: «Anche la poesia del Comi appare prender le mosse da un senso panteistico dell’universo intento a cogliere negli aspetti naturali simboliche e misteriose corrispondenze in un’aura di trionfante panismo magico[8]».

Fatte queste premesse, vorrei dedicarmi ad un testo in particolare, che si può ritenere abbia significato elettivo – letterario e simbolico – per il poeta, in quanto è la prima poesia di Rosai di qui e che viene riproposta anche all’inizio di Spirito d’armonia[9], la raccolta edita nel 1954, contenente 107 componimenti selezionati dalle opere precedenti, a partire da Lampadario del 1920, con l’aggiunta di 26 poesie inedite, scritte dopo l’antologia Poesia (1918-1938)[10] pubblicata nel 1939.

I rosai di qui sono:
un fiammante abbandono
d’efflorescenze pensose

soffici d’universi
tutti a ghirlande – emersi
da profondità… – Rose!…

I rosai di qui – biondo
clamore di calde spalliere
di luce – vivai di raggiere
di porpora e viola profondo… –

Vergini continuità: – Rosai
arrovesciati o sommersi
in soffici sonni-universi
o arrampicati a telai

d’odoroso turchino: – Rose…
– efflorescenze [d’aurore] impetuose…

Non considerando i pur interessanti aspetti formali, la prima osservazione riguarda l’impregnazione cromatica e sinestesica di questa poesia («fiammante abbandono», «biondo clamore», «odoroso turchino») e degli altri testi coevi («gialli voraci», «porpora-cantico», «archi-viola-di-suoni» ecc.). L’intento trascende la valenza estetica; scrive, infatti, molto efficacemente A.L. Giannone: «Il “suono della luce”, percepito dal poeta con una sorta di veggenza soprasensibile, equivale, per l’appunto, alla voce dello Spirito che arriva dagli spazi siderali e sembra compenetrarlo[11]», un suono che veste la «parola-Verbo», la parola dotata di potere agente, “magico”: concetto centrale anche nella poetica di Onofri. Certamente il sottofondo estetico-simbolico del tempo influenzò intrecci e rimandi con altre figure floreali («se il “giglio” […] stava al simbolismo e l’iris e le viole al liberty, la rosa era il tema iconografico del decò[12]») ma almeno due aspetti ritengo sia più rilevanti.
Il primo, ancora generico, attiene alla natura vegetale, così importante e rappresentata nella poetica di Comi. «La relazione tra l’io lirico comiano e l’ambiente naturale – afferma Yannick Gouchan – non è di carattere “ecologico” ma interviene nella costruzione poetica di una spiritualità fondata sull’armonia con le forze esterne della natura, poiché nella concezione estetica dell’autore salentino la “parola-Verbo” costituisce il nesso più potente tra il soggetto scrivente-poetante e gli elementi costituenti del suo universo terrestre, una concezione fortemente influenzata dal cristianesimo esoterico che Comi aveva conosciuto tramite l’antroposofia di Rudolf Steiner[13]».
Il secondo aspetto, specifico e relativo al simbolismo proprio della rosa, fornisce i nuclei di significato che la regina dei fiori porta con sé. Spettro simbolico e rappresentativo sterminato che, nelle ramificate tradizioni occidentali, assume valenze vivide, dalla “rosa mistica” mariana alla “Rosa+Croce”: il Rosacrocianesimo è, infatti, una delle radici fondamentali su cui Steiner ha costruito la sua antroposofia – primo approccio di Comi nel suo viaggio spirituale. Va chiaramente detto, anche alla luce della successiva conversione di Comi al cattolicesimo, che sia la visione rosacrociana che la successiva antroposofia steineriana elaborano una concezione pur sempre cristiana o cristica, fornendone, però, un’interpretazione esoterica. Tornando al senso allegorico e anagogico della rosa, attingo a uno dei maggiori studiosi di simbolismo tradizionale, René Guénon, che ne enfatizzava la capacità di esprimere molteplici significati, tutti però riconducibili all’unità e alla trascendenza del Principio. Tra questi, il più profondo e che chi scrive ha più amato è quello legato al concetto di Centro e di Manifestazione: la rosa, con i suoi petali che si aprono dal centro – che quando rappresentato in sovrapposizione al centro della Croce rappresenta la quintessenza – simboleggia l’irradiazione della manifestazione dal Principio unico e centrale verso la molteplicità dell’esistente[14].

Convocazione della parola-Verbo attraverso l’uso della sinestesia, simbolo della visione e del “sentimento” panteistico e richiamo delle tradizioni fondanti della  Scienza dello Spirito frequentate dal poeta salentino sembrano, quindi, i principali motivi alla base della scelta di collocare Rosai di qui all’inizio de I rosai di qui, del 1921, ma poi anche all’inizio di Spirito d’armonia, del 1954, quando la fase del cristianesimo esoterico era da tempo sfociata – e, viene da pensare, senza essere rinnegata – nel Cattolicesimo, la cui pratica accompagnerà convintamente Comi per il resto della sua esistenza terrena.


[1] Girolamo Comi, Poesie, a cura di A.L. Giannone e S. Giorgino, Musicaos Ed., 2019, p. XV.
[2] Il lampadario, Losanna, Casa Editrice Edwin Frankfurten, 1912.
[3] Dopo la morte del padre, nel 1908, studiò in Svizzera dal 1908 al 1912, e successivamente a Parigi dove venne a contatto con i maggiori esponenti della poesia simbolista del primo Novecento. Tornato in Italia per il richiamo alle armi nel 1915, si stabilì a Roma alla fine del periodo bellico.
[4] Girolamo Comi, in “Treccani.online”, u.c. 15 luglio 2025.
[5] Julius Evola, Arturo Onofri. Esoterismo e poesia, a cura di M. Berardo, Fondazione Julius Evola, 2001, p. 10.
[6] A. Rienzi, Una volontà solare: Arturo Onofri, Oso e la rivista UR, Il Tasto Giallo, 4 marzo 2025, u.c. 15 luglio 2025. 
[7] Poesie (1918-1928), Roma, Al Tempo della Fortuna, 1929. La casa editrice fu fondata proprio dallo stesso Comi, insieme ad Arturo Onofri e Carlo Moscardelli.
[8] S. Solmi, Poesia cosmica, in “L’Italia letteraria”, ii, 9, 2 giugno 1929.
[9] Spirito d’armonia (1912-1952), Lucugnano, Edizioni dell’Albero, 1954.
[10] Poesia (1918-1938), Roma, Libreria Internazionale Modernissima, 1939.
[11] Girolamo Comi. Poesie, cit., p. XXIII.
[12] C. Franza, “I Rosai di G. Comi. Nel cinquantesimo della morte del poeta italiano. Lettura di un testo fondamentale della Poesia Italiana del Primo Novecento.”, “Il Giornale.blog”, 18 gennaio 2018, u.c. 15 luglio 2025.
[13] Y. Gouchan, “L’immaginario arboreo nelle poesie di Girolamo Comi”, “Sinestesieonline – supplemento della rivista Sinestesie”, Anno IX, Numero 30, Settembre 2020.
[14] Cfr. R. Guénon, Simboli della Scienza Sacra, Adelphi, 1990, pp. 72 e segg.


La IX lama | III.

In copertina: busto di Girolamo Comi davanti alla sua casa di Lucugnano e copertina di Spirito d’armonia, Lucugnano, Edizioni dell’Albero, 1954.

In voga