di Alfredo Rienzi
Il Ciclo lirico della Terrestrità del Sole, costituisce un unicum nella poesia moderna italiana e mondiale, metafisica, esoterica, iniziatica o comunque la si voglia etichettare.
L’autore, Arturo Onofri, nato a Roma nel 1885, aveva già, nell’arco di quasi vent’anni, prodotto diverse apprezzate raccolte poetiche, da Liriche, del 1907, a – tra le altre – le prose liriche di Orchestrine, del 1917 e Arioso, che nel 1921 accoglie i primi fermenti spirituali, i quali in Trombe d’argento del 1924 troveranno nuovo e più definito indirizzo.
Negli ultimi quattro anni della sua vita, tra il 1925 e il 1928, Onofri si dedica al ciclo lirico della Terrestrità del sole, “preannunciato” nel 1925 dal saggio poetico Nuovo Rinascimento come arte dell’Io dove teorizza «L’arte [come] strumento di auto-rivelazione spirituale» e che la poesia, in particolare, è «un arrivare a toccare con la magia delle parole l’essenza dell’universo invisibile, un comunicarsi col mistero divino, un partecipare, per amore parlante, all’atto originario del Verbo creatore».
Il ciclo è composto da cinque opere, di cui le prime due – Terrestrità del sole (1927 e Vincere il drago! (1928) – date alle stampe in vita e le rimanenti pubblicate postume, a cura della moglie del poeta, Bice Sinibaldi: Zolla ritorna cosmo (1930), Suoni del gral (1932) e Aprirsi fiore (1935) cui va collegata anche Simili a melodie rapprese in mondo (1929) che, nelle intenzioni dell’Autore, avrebbero dovuto far parte di Aprirsi fiore e che contiene 33 poesie precedute da una lunga prefazione di Nicola Moscardelli.
Ma quali sono state le ascendenze dottrinali ed esoteriche dell’opera misteriosofica di Onofri? Quanto vi è di enunciatorio di princìpi riconducibili a “scuole iniziatiche” e quali? E quanto di esperienziale, a livello mentale o spirituale? (conscio che ognuno di questi termini andrebbe finemente analizzato e definito, mi affido qui ad una sorta di senso comune, solo in parte appropriato). Tommaso Iorco, in un efficace e consapevole articolo (Arturo Onofri e la Terrestrità del sole, https://www.arianuova.org/it/terrestrita-del-sole), evidenzia collegamenti «a quelle antichissime intuizioni che vedono nella Parola il principio creatore originario, come nel concetto greco del Logos, nella Qabalah ebraica e, prima ancora, nella mistica vedica e vedantica (e, in seguito, in quella tantrica)» ed evidenzia come «le concezioni esoteriche cui si riferisce poggiano sul terreno malcerto delle sabbie antroposofiche. Egli non sa — o magari non vuole, o più probabilmente sa per metà e perciò non vuole — distinguere il verbo che giunge dall’alto da quello costruito nell’officina del cervello. […]
Non si avverte, inoltre, un vero crescendo di esperienze spirituali, percorrendo per intero il tragitto delle cinque raccolte (d’altronde, realizzare nel breve spazio di tre anni una tale opera alchemica, sarebbe difficilmente possibile perfino ai più grandi personaggi spirituali che l’umanità ha conosciuto!)».
Ecco, richiamato, come già noto ai conoscitori di Onofri l’ambiente antroposofico, è opportuno – o comunque rientra tra le finalità della presente breve nota – fornire qualche appunto rigorosamente breve e brutalmente sintetico sulla Teosofia e sulla Antroposofia, prima di giungere all’effettivo rapporto di Onofri con le idee o, più limitatamente, con i circoli esoterici in essere nella Roma degli Anni Venti.
La Teosofia (dal greco θεός, «dio», e σοφία, «sofia, sapienza») è un insieme di diverse dottrine esoterico-filosofiche. Ai nostri fini, più che la Teosofia “delle origini” e di quella “cristiana” – dottrine neoplatoniche e, in seguito, sorte dalle visioni di Jacob Böhme (1575-1624), vòlte a condurre l’uomo a una gnosi e a una reintegrazione con la divinità – interessano gli àmbiti in cui si mosse la Società Teosofica, fondata dalla veggente Helena Petrovna Blavatsky nel 1875 a New York. Blavatsky sosteneva di aver ricevuto le dottrine sapienziali da una confraternita di adepti spirituali segreti, da lei chiamati i «Maestri dell’antica sapienza», incogniti supervisori dell’evoluzione dell’umanità. La Società Teosofica propugnava – usiamo l’imperfetto, ma essa è ancora ben presente – la fratellanza universale dell’umanità senza distinzioni di razza, sesso, credo, casta o colore; considerava una origine comune di tutte le religioni – occidentali e orientali (che conserverebbero soltanto residui parziali di un’unica verità divina conosciuta nelle varie epoche da un numero ristretto di grandi iniziati) e operava investigando – a volte con metodi occultistici e medianici – le leggi fisiche della Natura per sviluppare le capacità latenti dell’uomo.
Nel 1888 Blavatsky diede vita al ramo tedesco del movimento, a capo del quale, dal 1902, fu posto Rudolf Steiner. Quando Annie Besant, diventò nel 1907 presidente della Società Teosofica, Steiner cominciò a prendere le distanze dalle dottrine teosofiche e, quando nel 1912, Besant sostenne che il suo figlio adottivo, Jiddu Krishnamurti, fosse la «Stella d’Oriente», reincarnazione del Buddha e nuovo Messia (lo stesso negò, nel 1929, questa sua natura, causando una grave emorragia di associati alla Società Teosofica), Steiner fuoriuscì dalla Società Teosofica e nel 1913 fondò con molti teosofi tedeschi fuoriusciti la Società Antroposofica. L’Antroposofia affianca e sviluppa alle tematiche più filosofiche, cosmologiche e spiritualistiche della Teosofia, smarcandosi in parte dal suo polo di riferimento anglo-indiano induistico e abbracciando una visione cristocentrica europea; coltiva un interesse più focalizzato sull’uomo nel suo complesso fisico, animico e spirituale, e con maggiori ancoraggi pratici (sono tutt’ora in opera, tra l’altro, visioni e metodi educativi steineriani, una medicina antroposofica, una agricoltura biodinamica steineriana).
Non è irrilevante – e questo ci avvicina all’incontro con Onofri – che il pensiero di Steiner fosse influenzato dall’ideale romantico di una riconciliazione tra scienza, arte e religione, discipline che, con l’avvento del metodo scientifico, avevano preso strade diverse. Steiner a lungo e profondamente si ispirò alle opere poetiche e “scientifiche” di Goethe e alle dottrine gnoseologiche dell’idealismo tedesco, in particolare di Fichte e Schelling, per giungere ad affermare la possibilità di una conoscenza sovrasensibile fondata sull’auto-intuizione del pensiero.
A Roma, il 22 febbraio 1897, viene fondata la prima loggia italiana (poi si chiameranno Gruppi) dell’Associazione Teosofica. Nei primi anni Venti il “Gruppo Roma”, con sede in via Gregoriana 5, appartenente alla Lega Teosofica Indipendente e svincolata dalle direttive impositive della Besant, tiene un fitto programma di incontri e conferenze: sulla rivista del Gruppo, “Ultra” sono riportate le cronache delle conferenze pubbliche tenutesi dal 1922 al 1927, alle quali partecipava tra gli altri Julius Evola. Ad essa, come verrà ribadito, Onofri verosimilmente assisteva come uditore, ma non solo. Infatti, ebbe l’incarico di tenere una conferenza, nella primavera del 1925, dal titolo Il mondo come opera d’arte cosmica; di tale intervento si è però persa ogni traccia o forse non fu mai tenuta per – si ipotizza (cfr. M. Beraldo) – la scomparsa di Steiner avvenuta il 30 marzo 1925. Onofri, va detto, aveva conosciuto Steiner nel dicembre 1917 (“Trovo il Maestro” è un suo appunto sottolineato più volte) e l’influenza del fondatore dell’Antroposofia fu determinante nell’evoluzione umana e artistica del poeta. Nel prezioso volume Julius Evola. Arturo Onofri. Esoterismo e poesia, a cura di Michele Berardo edito dalla Fondazione Julius Evola nel 2001, a pagina 10, è ben delineata la situazione dei gruppi teosofici e antroposofici nella capitale, negli anni Venti: «Se molti seguaci dello Steiner furono inizialmente teosofi, Onofri non ebbe nulla da spartire con il movimento anglo– indiano. Da quando, sul finire del 1917, trovò in Rudolf Steiner il Maestro, il suo itinerario spirituale divenne da subito chiaramente inscrivibile entro la Scienza dello Spirito ad indirizzo antroposofico. Le sue frequentazioni non furono quelle di Via Gregoriana, ma quelle di Via Po in casa della baronessa de Renzis e in Corso Italia presso lo studio del dottor Giovanni Colazza, allora le due massime autorità in fatto di antroposofia. Ad ogni modo non sarebbe corretto pensare che Onofri disdegnasse le conferenze pubbliche, sempre di alto livello culturale, che si tenevano presso la sede della Lega Teosofica.» Di più, e ci avviamo rapidamente verso la conclusione del presente articolo: i legami tra l’autore di Terrestrità del sole e gli altri ambienti non strettamente antroposofici – e nemmeno solo teosofici – è testimoniata dalla presenza di scritti di Onofri sulla rivista di scienze esoteriche “UR”. E precisamente: nel fascicolo del maggio 1927 il saggio Appunti sul Logos e nel numero 3-4, marzo-aprile del 1928 un testo poetico, Una volontà solare, in tre frammenti, con una breve premessa.
La rivista UR rappresentò negli anni 1927-1928 (nel 1929 si chiamerà KRUR) la testimonianza del “Gruppo di Ur”, un circolo esoterico attivo dal 1927, fondato proprio da Julius Evola. I fascicoli della rivista hanno costituito a lungo oggetto di rilevante interesse da parte dei cultori di argomenti esoterici, magico-occultistici e iniziatici, tanto da essere ripubblicati persino nel 1971 dalle Edizioni Mediterranee col titolo (discutibile) di Introduzione alla magia. In questa edizione leggiamo nelle Note sull’autore: «Il Gruppo di Ur è stato un sodalizio magico attivo in Italia alla fine degli anni venti. Direttore del gruppo fu probabilmente Julius Evola alternato da Arturo Reghini fino a quando egli ne fece parte.
Il gruppo si dichiarava indipendente da qualsiasi scuola o movimento esoterico del tempo (occultismo, massoneria, teosofia, spiritismo, ecc.) in quanto la Tradizione esiste di per sé e non è legata ad alcuna scuola. Di fatto però le principali componenti esoteriche rappresentate nel gruppo furono quella [ndr: teosofica e] antroposofica, quella kremmerziana e quella massonico-pitagorica, oltre ad alcuni cattolici» e tra i suoi appartenenti, per quel che interessa le vicende della poesia italiana del Novecento, annoverava appunto Arturo Onofri, Girolamo Comi e Nicola Moscardelli. Per i contributi alla rivista – e, si presume,
alle attività del Gruppo – i membri utilizzavano un nome simbolico, per il principio dell’impersonalità attiva: Onofri si sarebbe firmato come Oso.
Il discorso, partendo dal Gruppo di Ur, slargando e approfondendo, non potrebbe trovare, qui, che spazio per pochi cenni; vengo, quindi, solamente a sottolineare come già dal titolo – Una volontà solare – la poesia di Onofri riflettesse in maniera decisa la valenza simbolica del nome Ur, e le principali modalità operative dell’omonimo Gruppo, orientate a una via alchemicamente “sulfurea”, “attiva”, “iniziatica”, “secca”, “solare” in contrapposizione alla via “mercuriale”, “passiva”, “mistica”, “umida”, “lunare” (confido che, per sommazione, l’insieme di tali definizioni possa essere utile a farsi una sufficiente idea del percorso). Più semplice è il rilevare come il titolo rimandasse, anche lessicalmente, oltre che concettualmente, a Terrestrità del sole.
Ne propongo il primo frammento, che potremmo provare a leggere ispirandoci – come richiamato da Evola (catalogo Julius Evola e l’arte delle Avanguardie, Fondazione Julius Evola, 1998) – all’aforisma di Novalis: «Lo spettatore, non l’autore, è il creatore dell’opera d’arte».
Una volontà solare
I.
L’alto movente, ch’eccita ogni stasi
del passato a riprendere contatto
col volere che intìma nuove fasi
in avanti alla terra urta di scatto
le resistenze nere
illuse di volere.
Volontà d’uomo è solo movimento
verso il proprio rinascere immortale.
e il desisterne è morte, è il fuoco spento
d’antichi dèi nel corpo minerale
ove l’uomo è feticcio
irreale, e terriccio.
Dal cherubico volto di Michele
splende in mondialità, senza arrestarsi,
l’uomo che crea divine parentele
fra il suo futuro e gli esseri scomparsi
che fu lui stesso, ma
senza sua volontà.
Raggia, da quel divino aspetto, il fuoco
della parola-dio, che uccide il mostro
supèrstite nel nostro sangue fioco;
in quel volto risuscita, ma nostro,.
l’onnipotente aiuto
già da noi ricevuto.
Ora il nostro risveglio umano è l’atto
che induce, fatto spada eccelsa, stasi
del passato a riprendere contatto
col voler nostro, ch’eccita altre fasi
in avanti alla terra.
E Santa è questa guerra.
Bibliografia essenziale
G. J. Bellinger, Enciclopedia delle religioni, Garzanti, 1989
M. Beraldo, a cura di, Julius Evola. Arturo Onofri. Esoterismo e poesia, Fondazione Julius Evola,
2001
H. P. Blavatsky, La dottrina segreta. Edizione di studio, Edizioni Teosofiche Italiane, Vicenza, 2003
Gruppo di Ur, a cura di, Introduzione alla magia, Edizioni Mediterranee, 1971
R. Steiner, Verso i mondi spirituali, GIVS Laterza&Figli Editori, 1928
R. Steiner, I tre mondi dello spirito, Fratelli Melita Editori, 1990
L. Troisi, Dizionario massonico, Bastogi, 1993
La IX lama | II.
In copertina: foto “Rivista di UR”, n. 3-4, marzo-aprile 1928 e Arturo Onofri nel 1927, da Esoterismo e poesia, a cura di M. Beraldo, Fondazione Julius Evola, 2001, p. 70.





