a cura di Rosanna Frattaruolo
Fabrizio Bregoli della poesia dice
Definire cosa sia la poesia e quali requisiti debba avere una scrittura (anche in versi) per poter essere definita poesia è un’impresa ardua: il concetto sfugge a una delimitazione con confini precisi, ma occorre comunque circoscriverli per evitare di assimilare, fallacemente, ogni scrittura in versi all’idea di poesia. La poesia è una particolare forma espressiva che cerca di osservare il mondo con uno sguardo inconsueto, si serve di un uso particolare del linguaggio per esporlo e rappresentarlo, riservando un’attenzione rilevante al piano del significante oltre che a quello del significato. Il testo, una volta composto, si mette quindi in un rapporto dialettico con l’idea di poesia che crede di poter incarnare, cerca una sua verifica.
La strada migliore per giungere a questo vaglio consiste forse nel verificare di volta in volta l’affinità che il testo presenta rispetto ad altri testi che la tradizione ha accreditato e che per patrimonio condiviso sono considerati poesia. Quindi la poesia si riconosce per somiglianza (e anche per negazione rispetto a tutto ciò che non si considera tale). L’adesione a procedure stilistiche, contenutistiche o formali precise, da sola, non è sufficiente per poter parlare di poesia. La poesia si mostra in sé, per sua naturale costituzione, non si può dire o spiegare altrimenti.
Allora fare poesia più che una disciplina o un’arte è il frutto di un’esperienza esistenziale che va vissuta mediante la sua pratica, nel confronto serrato fra realtà e linguaggio, ossia si comprende applicandosi a essa con passione e dedizione: non si può spiegare cosa sia la poesia, ma si sente con evidenza quando la poesia c’è, leggendola, interiorizzandola, facendola propria. Così noi uomini impariamo a tacere, ci educhiamo all’ascolto.
La sua poesia ci dice
COMUNI DIVERGENZE
A unirci certi strani tarli, il debole
comune del piccolo artigianato,
altre stregonerie minime.
Tu amavi fabbricarti le cartucce
con antica perizia di speziale.
La polvere da sparo, il cartoncino
borre di feltro, pallini di piombo
il dischetto di sughero, orlare
infine il bossolo. Tutto dosato
negli accenti debiti, rudimenti
di metrica tascabile. Ricetta
per il bersaglio esatto.
Io invece preferisco la poesia,
la scienza bellicosa del disarmo.
Quel suo sparare a salve
per non fallire un colpo.
ALIAS
L’appartenersi è il principale ostacolo
quest’illudersi della fedeltà
dei corpi, quel loro spazio immutato
continuo. Crederci ancora gli stessi
che fummo, un ordine compiuto. Invece
siamo frattura dei volti, l’appello
degli scomparsi, il nostro inconosciuto.
Dislessia di un noi impronunciato. Postumo.
Diciamo solo l’incendio dei nomi
perché sappiamo la cenere
la sola lealtà al fuoco. Perché, in fondo
si scrive sempre la poesia di un altro.
RIMEDI NON EUCLIDEI
E crederlo possibile violare
il quinto postulato, immaginabile
un altro spazio. Crederle capaci
almeno di tangersi, vite -
come le nostre - parallele,
rette che deragliando s’intersecano
in un punto appena oltre l’invisibile,
nel bene di una falla necessaria.
Sovvertire gli assiomi, curvare
e avvicinare i mondi: in fondo, a questo
serve la poesia, quella sua elementare
geometria ellittica,
a conferire campo e gravità
alla parola, attrarla al suo silenzio.
Fulcro minimo di un comune inizio
per rendere l’assurdo praticabile.
testi tratti da “Notizie da Patmos” (La Vita Felice, 2019)
Dicono di lui e della sua poesia
Giuseppe Conte su “Il senso della neve”, puntoacapo, 2016 – dalla motivazione per l’assegnazione del premio Rodolfo Valentino per la poesia edita, 2017.
La poesia di Bregoli si segnala per la ampia, articolata consapevolezza che ha dei suoi mezzi stilistici che gli permettono di affrontare temi e toni così diversi che eppure convergono nell’unità di una ispirazione risentita, scabra, civile ma spesso con sarcasmo e disdegno. Bregoli diffida dell’orfismo, e anche di Petrarca e del suo monolinguismo lirico. Prende Dante come guida. Lo cita nei suoi eroi blasfemi dell’Infermo, come Vanni Fucci, fa risuonare il suo enigmatico Papè Satàn Aleppe; dialoga a distanza di tempo e spazio con un lirico puro e insieme così scopertamente corporale come Dario Bellezza in “Respinta al mittente”; fa entrare nella sua poesia il linguaggio dell’economia e della fisica; dedica versi a Milano (“Matinée a san Babila”, “Shopping di Natale”) con una vena di ironia che a me ricorda l’ultimo Montale, con la sua disillusione non arresa: e tutto in un disegno di plurilinguismo perseguito con mano sicura. La metrica e la musica di Bregoli, senza mai cercare armonia precostituita, si fondano sull’endecasillabo e l’uso della rima è raro ma da virtuoso: in “Benedetto il secolo”: “giubba e feluca per l’internauta ci- / vile, viaggi, miraggi, bile” (stupefacente verso con ben due rime interne). Ma il lirismo che esce dalla porta rientra da una finestra, per chiusa che possa apparire: liriche anche se petrose sono le due sestine e le due quartine di “Corridoi” con quel finale ferreo e bellissimo: “voi linee esatte, voi rette implacabili”, lirici e perfetti i versi di “Notturno”: “Sei donna d’asfalto, di frontiera. / Sei gorgo di luce, gelo di miniera.”
Piero Marelli, dalla prefazione a Notizie da Patmos, La Vita Felice, 2019).
Poesie esistenziali, dunque, continuamente in attesa di questo altrove, tenendo soprattutto una continua, indicibile, non so se delusione o altro, ma il tutto disposto in una memoria emotiva e linguistica. Il “gioco” di questo poeta è però severo, senza la minima concessione all’enfasi o, peggio, a qualche tentativo di personale poetica assoluzione, sotto la cappa di un tempo continuamente interferente nel suo desiderio di congiunzione perfetta tra parola e mondo. Cammino che Bregoli ha deciso di non interrompere. Certamente il suo “io” (è possibile diversamente?) è naturalmente presente in questi versi, ma costretto in una condizione temporale, che vuol dire storica, chiedendo alle parole una “spiegazione” che il suo io lirico, per adesso, fatica ancora a concedere, anche se a questa scientificità si contrappone un’auroralità di scrittura che ha come compagno il bisogno di dire attraverso un altrove lessicale non sempre facile da accettare e non sempre disposto, nella sua giurisdizione prosodica, a farsi disponibile.
Certamente, un lettore solo scolasticamente educato alla poesia, potrà sentire un poco ostico questo linguaggio – vedi il capitolo (Digressione quantistica) – che si è, in qualche modo, spostato da tutta una tradizione lirica, ma si rassicuri: c’è tutta una parte della ricerca poetica contemporanea che ha chiesto alle parole della scienza una possibilità di rinnovamento della poesia stessa. Non è solo una ragione di novità, bensì la coscienza di un esaurimento storico (come ha detto una volta Edoardo Sanguineti) del lessico della poesia e anche dei temi della stessa. Il genere lirico ha subito, nella contemporaneità, diversi attacchi e aggiustamenti, e oltre le categorie crociane, la modernità ha stabilito anche il desiderio e il bisogno di interrompere tutta una tradizione fondamentalmente petrarchesca. Il libro è una testimonianza di questo procedere, consapevole della propria precarietà, che Niva Lorenzini indicherà, attraverso Montale, con queste parole: “la tradizione, sia italiana che europea, diviene modo di misurare la propria disgregazione e insieme la propria resistenza”.
Ivan Fedeli, dalla prefazione a “Il senso della neve”, puntoacapo, 2016.
Parlare di compassione in poesia è cosa alta. La valenza etimologica del termine implica un moto comune di appartenenza che, oltre le banalità del quotidiano, emerge e porta alla condivisione dello stato umano in ogni sua forma esplicita o implicita di rappresentazione.
Non è da tutti, insomma, trascrivere per verba ciò che la natura dell’essere sperimenta nell’atto vissuto e uscirne integri, eticamente responsabili.
Ciò che Fabrizio Bregoli attualizza è questa necessità di incontrare l’altro, ponendolo in una zona assoluta di contatto. Un progetto affascinante, che, come tale, implica dei rischi a livello ideativo e contenutistico: è possibile uscire dall’Io per bisogno empatico, senza cadere nella trappola del qualunquismo o della banalizzazione?
Dove si intuisce il poetabile lì c’è un poeta attento; questa massima vale per Bregoli che, rigorosamente, dosa l’incontro con il mondo, smicciando la tentazione di una scrittura tragica o troppo impegnativa per la visione contemporanea che la poesia dà dell’oltre noi e sviluppando, con una certa sensibilità cara ai neoteroi delle ultime generazioni, trame di vissuto personale che, armonicamente, coesistono con la dimensione in-civile, dantesca, della poesia.
Quella poesia, insomma, che per tradizione (come non citare Pasolini e D’Elia, Bellezza), tende alla denuncia e all’impegno, con la conseguente, doverosa, fusione tra io poetico e altro da sé.
Fabrizio Bregoli e i suoi poeti
Come ho affermato in precedenza, la poesia nasce affondando le proprie radici nella tradizione letteraria, dalla quale non è possibile esimersi per poterla praticare con efficacia e consapevolezza. Ciascuno è quindi il figlio di tutta la tradizione con cui è portato a confrontarsi e con la quale continua un dialogo ininterrotto, cercando di declinare la tipicità della sua voce in un coro più ampio di cui è compartecipe, ma a cui deve rapportarsi con umiltà e coraggio nelle scelte.
Ciò detto, ogni autore sente alcune voci più o meno congeniali o influenti per la sua scrittura, può identificare dei modelli o dei maestri che siano punti di riferimento per avere un orientamento in uno spazio che, altrimenti, sarebbe talmente vasto da impedirne l’esplorazione o da portarlo a smarrirsi.
Preferisco non menzionare nessuno fra i contemporanei anche se ve ne sono molti che stimo e frequento (alcuni nomi li leggete sopra), per evitare imperdonabili omissioni; molti gli autori validi a testimonianza di un quadro della poesia contemporanea dinamico, vivo. Fra gli autori che appartengono al canone e che reputo espressione di eccellenza poetica, e verso i quali sono debitore, sento di dover citare fra i più importanti Montale, Sereni, Zanzotto, Fortini, Caproni, Eliot, Pound, Celan.
In dono a Fabrizio e ai lettori de Il Tasto Giallo, da Nel sonno di Vittorio Sereni (Il centro abitato) in Vittorio Sereni Tutte le poesie, Lo specchio Mondadori, 2023
III
Di schianto il braccio s'è abbattuto
e passa ad altri, più forti,
la mano del vincitore.
Dirò che era giusto
e tenterò una compostezza
appena contraddetta dagli occhi folli.
Che presto saranno spenti.
Presto sullo sparato del decoro
il bruco del disonore...
Fabrizio Bregoli, nato nel bresciano, risiede da vent’anni in Brianza. Laureato con lode in Ingegneria Elettronica, lavora nel settore delle telecomunicazioni.
Ha pubblicato i libri di poesia: “Il senso della neve” (puntoacapo, 2016), vincitore del Premio “Rodolfo Valentino” e finalista al Premio “Caput Gauri”, “Zero al quoto” (puntoacapo, 2018), vincitore dei Premi “Guido Gozzano” e “Premio Letterario Internazionale Indipendente”, “Notizie da Patmos” (La Vita Felice, 2019), vincitore del Premio “Città di Umbertide” e finalista al Premio “Lorenzo Montano”. Ha inoltre realizzato per i tipi di Pulcinoelefante il libriccino d’arte “Grandi poeti” (2012) e per la collana Fiori di Torchio la plaquette “Onora il padre” (Serégn de la memoria, 2019).
Sue opere sono incluse in “Lezioni di Poesia” (Arcipelago, 2015) a cura di Tomaso Kemeny e in “iPoet Lunario in Versi 2018” (Lietocolle, 2018) e sono apparse sulle riviste “Il Segnale”, “Le voci della luna”, “Il Foglio Clandestino”, “Frequenze poetiche”, “Il Sarto di Ulm” e in numerose antologie e blog di poesia. È fra gli autori censiti sul sito “Italian Poetry”, nato per la diffusione della poesia italiana nel mondo, ed è incluso nel “Dizionario critico della poesia italiana 1945-2020” (SEF Editore, 2021), a cura di Mario Fresa.
Gli sono stati assegnati numerosi premi per la poesia inedita, fra i quali: i Premi “San Domenichino”, “Pietro Borgognoni”, “Il Giardino di Babuk”, “Giovanni Descalzo”, “Dante d’Oro”, “Città di Acqui Terme”, “Guido Gozzano”; è stato inoltre finalista ai Premi “Lorenzo Montano” e “Bologna in Lettere”.
Sulla sua poesia hanno scritto, fra gli altri, Tomaso Kemeny, Giuseppe Conte, Piero Marelli, Vincenzo Guarracino, Ivan Fedeli, Mauro Ferrari, Sebastiano Aglieco, Corrado Bagnoli, Eleonora Rimolo.
Collabora con il blog “Poeti Oggi” per cui cura la rubrica “Blocchi di Partenza”, in dialogo con i giovani poeti, e fa parte della redazione del blog “Laboratori Poesia” per cui ha curato la rubrica “Poesia a confronto”, con oltre cento interventi sui grandi temi della poesia.
Il sito dedicato alla sua poesia è: https://fabriziobregoli.com





