a cura di Rosanna Frattaruolo


Testi inediti da "Nature morte"

*
(Interni) 6.

Manca talvolta qualcosa l’odore
del soffritto sulle scale forse due
tre quadri in sala che non ami più.
Così gli amici quelli andati via
i loro numeri in rubrica scritti
a penna che non osi cancellare
come avessi stretto un patto tu e il tempo
e tutto fosse lì fedele a se
stesso immobile. Che cos’è l’assenza
sì, quell’idea che ogni cosa presto
o tardi non risponda vaghi altrove
e senza appello possibilità
di scampo. Lo chiedi a volte e non sai
se è un volo da rondini l’andare o
il pesce rosso nell’acquario resti
poi da qualche parte in cielo e saluti
da lassù sperando che si senta
che qualcuno chissà dove ascolti.
Intanto innaffi i gerani in balcone
li carezzi con cura quasi nel gesto
ci fosse l’universo tanto piccolo
qui che lo chiudi in una stanza fai
in modo che si fermi, un po’ rimanga.

*
(l'età della ragione) 2.

Silenziosamente l'uomo di mare
sa del tempo il limite mentre apre
il suo sguardo a donne di riviera
gioca a carte barando pensa a Dio
laddove il buio prende spazio o turba
all'orizzonte la calma dell'aria.
Tu di terra dalla tua cerchi luogo
alla fuga delle periferie
quando azzardano un tramonto alle spalle 
e tutto si fa piccolo di colpo.
Amano qui le cose che rimangono
dici allora al vicino immaginando 
le nuvole se sono uguali ovunque
e sorridi come nei sogni a volte.
La felicità cos'è? Più in là giovani
si danno all' amore parlano di mondo
dei colori di Provenza. E nessuno
è mai compiuto non del tutto almeno
in questo lunedì qualunque forse
di un settembre ligure o a Milano
e giuri che davvero ci sia un senso
così per noi, la mano nella mano.

*
(nature morte) 10.

E l’aria inglese di quei tetti rossi
le case intorno come geometrie
di spazi l’una dietro l’altra il cielo
denso le parole dette i silenzi
ogni cosa perfettamente se
stessa data per sempre così adesso
tu lo sguardo la tua camicia bianca
mentre scivola via e una nudità
cattura apre a una stagione nuova.
Ecco i nostri quaranta lettori io
vorrei o della poesia un senso
anche dopo gli autogrill le finestre
socchiuse di sabato perché tutto
ci chiami per nome e tu possa dire
sì sono proprio lì messo di spalle
andato via chissà in quale tempo
portando cappotto ombrello e due
tre pensieri per la vita niente più.
Poi le nuvole di periferia
gli accenti stranieri di chi si ferma
al bar e chiede di qui se ci siamo
già stati se ci si assomiglia ai luoghi
ma è solo coincidenza distrazione.

*
(in presa diretta) 5.

Ha un silenzio ligure questo giorno
periferico e ogni cosa va di suo
come solo Milano sa. Tu pensi
al sambuco ma sono i pioppi di via
Feltre a dare prosa al caffè macchiato
di un bar senza insegna. Qualcuno corre
al parco altri sognano Zanzibar
o qualche incrocio da passare in fretta
dimenticando chi sono. Le case
stanno lì a radice del mondo e c’è
felicità mentre sul tram o altrove
la vita. Te ne accorgi dalle donne
vestite di corto dalle biciclette
rosse lasciate a fare bello il sole
ma è solo un’estate da poveri cristi
la nostra e viene sui cantieri a nord
o anche qui dove fanno a gara nutrie
a sporgere uno sguardo e poi sparire.
In alto gli aerei da Linate
segnano a tratti il cielo. Oltre le nuvole 
rade. Nonostante tutto si vive. 

*
(in presa diretta) 10.

Talvolta ti credo così donna o angelo
custode intenta a chiudere il gas aprire
il mondo la tua camicia bianca
morbida tu la pelle. Sei bella e
non sai mentre scrivi o leggi in silenzio
Beckett pensando un giorno servirà.
Aspetti forse novità qualche ora
di sole dove stenderti lucertola
o parte d’erba in attesa di una vita
piena. Rimani lì come questa aria
di stagione ferma e già impalpabile
quando si rivela e l’accarezzi una
volta sola almeno. Altro di te qui 
portano le strade che s’incrociano
a oleandri e tigli: un profumo il tempo
dei colori di mostrarsi due tre
passi certi verso un orizzonte tuo.
Ti chiamerei per nome se potessi
prima di finire in un’estate o
altrove cose da letteratura
povera dovrei dirti in onestà
al pensiero di Raboni Erba Milo
a quanto si è poi piccoli per sempre.

*
(in presa diretta) 11.

I colori di Provenza a maggio
qualche pagina di Molly Bloom gli alberi
di qui quando ondeggiano imperiali.
Ci sarà davvero tempo per tutto
pensi anche per le nuvole contarle
fino a mille almeno o noi adesso i nostri
nodi al fazzoletto sempre più stretti
sempre più frequenti. Sciogliere tenere
dunque il sorriso di tuo figlio a scuola
la forza dei vent’anni due tre passi
della Dickinson che mi dicono di te.
A volte un sole plastico accompagna
il sabato e le case si assottigliano
nell’ombra tanto uguali inadempienti
già si passa senza sapere. Domani
il solito caffè poi l’abitudine
del mondo. La felicità? Può darsi
e canti un po’ Battisti stendi i panni
svolazzano molliche e giorni altrove.

*
(in presa diretta) 15.

Chissà gli angeli mentre ci guardano
se controllano la casa i gerani
in balcone il campanello che non va.
Capiresti tu chi di loro qui
dopo un caffè o nel traffico tra voci
e coincidenze tanto uguali simili
a te da chiamarli per nome additarli
come si fa con gli amici le cose.
Li vedresti forse chiudere porte
a chiave parlare amabilmente al bar
anche stendere il bucato e sorridere
quasi di un sorriso tuo poi fuggire
con calma dove nessuno sa. La vita
questa strana turbolenza di sguardi
accade tutto sempre e per la prima
volta che una meraviglia prende
e non si spiega il senso o il divenire.
Così radici nuvole la forza
della terra il cielo e tu leggi Beckett
va l’estate fino a chiudersi in sé
in attesa di un settembre e il tempo
corre senza nulla dire di noi.

Ivan Fedeli (1964) insegna lettere e si occupa di didattica della scrittura.  Ha pubblicato diversi percorsi poetici, tra cui “Dialoghi a distanza” in “Sette poeti del Premio Montale” (Crocetti), “Virus” (ed. Dot. Com. Pres.), “A margine” (Ladolfi editore) e, per i tipi di puntoacapo editrice: “Campo lungo” (2014, Premio “Casentino”), “Gli occhiali di Sartre” (2016, Premio San Domenichino, Premio “Vent’anni di Atelier”), “La meraviglia” (2018, finalista Premio “Caput Gauri”), La buona educazione (2020), Cose di provincia (2022).

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